Calcio

Addio Arturo Venturelli, un signore di classe: amato tecnico della Benacense e un passato in serie A

Originario di Crema, era approdato sul Garda che considerava «un paradiso»

ARCO. "Vi caccio fuori" era il suo tradizionale motto di battaglia quando ancora erano in distribuzione le carte della nostra, innocua, "Scaletta" pomeridiana al Circolo Tennis. Un pretesto per vederci, sfotterci, liberare la mente ed anche un modo per essere amici. E invece la vita ha cacciato fuori lui, in maniera subdola e crudele come succede quando ci si imbatte in certi mali che non danno scampo.

Una condanna che Arturo Venturelli ha vissuto con la dignità di un campione, lui che campione lo era stato anche nel calcio, un roccioso stopper - come si chiamava allora - che aveva vestito, tra le altre, anche la prestigiosa maglia del Genoa. Ecco, il calcio è stato la sua vita, prima come protagonista sui campi, poi come allenatore, ma anche e soprattutto come apprezzatissimo e scrupoloso osservatore per il Brescia e l'Udinese prima, fino a quando Franco Baldini l'ha chiamato per la Roma scudettata di Fabio Capello.

Girava l'Europa a caccia di talenti e, anche se lui non amava parlare molto di questo suo passato, abbiamo saputo che aveva dato un giudizio positivo per un ragazzino portoghese, magro e talentuoso, che aveva visto combattere su un campo fangoso al limite della praticabilità, ed uno negativo per un centrale difensivo francese troppo farfallone. Poi, per le infinite ed imperscrutabili vie del calcio, il primo, Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro, era finito al Manchester United, mentre il secondo Philippe Mexes era approdato dall'Auxerre proprio alla sua Roma.

Tutta questa grande avventura è partita da Crema, dove Arturo era nato 81 anni fa e dove era sbocciato il suo talento nelle giovanili della squadra locale alla quale, anche dopo il suo trasferimento ad Arco, era rimasto legatissimo. E lui non si accontentava del risultato ma voleva sempre cogliere il sale della prestazione attraverso il parere di alcuni amici fidati con i quali è sempre rimasto in contatto. Da Crema, al Genoa, quindi al Messina fino a quando, nel suo incessante peregrinare è approdato sulle rive del Garda, come tecnico della Benacense.

Ci raccontava sempre che gli sembrava di essere arrivato in paradiso, lui abituato alle nebbie della Val Padana. Ed è stato proprio nel nostro paradiso che ha conosciuto e sposato Luisa, portandola nella casetta che si erano comprati a Vigne. Crema ormai era rimasta nella sua agenda solo perché, ogni tanto, ci ritornava per far visita alla sorella.

Una vita semplice ma felice in quel triangolo perfetto che si era creato, muovendosi rigorosamente in bicicletta, tra casa, il lago alla Baia Azzurra ed il Circolo Tennis Arco. Vi era entrato in punta di piedi, con il garbo dei veri signori, diventando ben presto un importante punto di riferimento. Richiestissimo per i "doppietti", soprattutto dalle signore, perché lui, da sportivo di razza, sapeva coniugare perfettamente l'agonismo con il piacere della compagnia. Aveva la classe di prendere con un sorriso tutto quello che la vita gli dava perché era convinto, lui che veniva dalla gavetta, fosse un bel regalo.

Ci mancherà il suo essere scanzonato, ma soprattutto ci mancherà lui, un vero amico ed un signore, una razza speciale sempre più pericolosamente in via di estinzione.

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