L’addio

L’ultimo saluto al genio di Renato Ischia, grande maestro d'arte e di vita morto a 83 anni

Era conosciuto in tutto il mondo per quel talento immenso con il quale scolpiva l'inquietudine trasformando la materia in emozione e ricerca continua.

Era stato allievo di Fra' Silvio Bottes, ha vissuto per 13 anni a Parigi, dove è ancora amato. Tornando ad Arco ha fondato le «Arti Visive» insegnando a centinaia di arcensi

ARCO. Ogni definizione rischia di essere riduttiva o fuorviante per indicare un artista a tutto tondo come Renato Ischia, lo scultore nato in Arco il 23 luglio 1941 e scomparso negli scorsi giorni. Un artista atipico, formatosi a Parigi anche se legato al suo Trentino, tanto da figurare tra gli scultori di formazione francese.

Ma anche un artista controcorrente, tanto da rendere difficoltoso ogni tentativo di incasellamento in una corrente, una forma artistica.Insomma, non c'è un'interpretazione data dell'artista, una sua chiave di lettura del mondo, inseguendo le sue figurazioni che si esprimono in un tipo di arte della Post-Astrazione.

Anche dall'ultima mostra di Ischia, anno 2021-2022, al Centro Studi Judicaria (Tione) veniva fuori un Renato Ischia inedito, ma anche molto particolare, visto di soppiatto mentre "produce" e pensa le sue opere, nel suo studio laboratorio nella casa avita in Vicolo Erto ad Arco, nel medioevale quartiere di Stranforio ai piedi della rupe del castello di Arco, dove appaiono insieme alle altre opere le sculture delle città sospese, quasi simulacri di un discorso che attende il momento giusto per riaprirsi, per ripartire.

Nel percorso artistico di Renato Ischia è stato senza dubbio significativo, dopo l'influenza di fra Silvio Bottes al convento delle Grazie di Arco, il lungo periodo trascorso a Parigi, dalla fine degli anni Sessanta al 1980, un'esperienza ricordata e raccontata tuttora con estrema vivezza, per l'intensità dei rapporti che l'hanno contraddistinta, segnando profondamente il suo destino d'artista: il legame con Étienne-Martin, primo vero maestro, direttore dell'atelier di scultura all'Ecole Nazionale Supérieure des Beaux-Arts, l'amicizia con Apel les Fenosa, di cui sarà assistente dal 1970 al 1978.

Le opere degli esordi testimoniano un'attenzione particolare per la figura umana, oltre che un interesse verso l'apporto teorico di Boccioni, con il quale condivide la concezione di una scultura, intesa come unità dinamica, in continuità con l'ambiente. Giocoliere del 1969 e Passaggio del 1971 hanno i contorni aperti e scomposti in un ritmico fluire di volumi in espansione, tuttavia, il lavoro che più chiaramente definisce questa fase di ricerca è Quattro direzioni di un mobile del 1979, che nei cataloghi delle mostre compare anche con il titolo Ritratto di nobildonna sopra un mobile postmoderno.

Nel suo itinerario artistico si leggono diverse sfumature dal manierismo al futurismo, dall'espressionismo al Nouveau Réalisme. La poetica dell'artista può essere definita, ma forse a torto, "neomanierista" per la spettacolosa abilità tecnica, la estenuante raffinatezza del tratto, che indica sensualità allucinata o contraddizioni laceranti, sia nelle torri che nelle figurazioni successive. Renato aveva del filosofo, e questo ci accomunava: infatti sono dense di filosofia le sue riflessioni sull'arte, i suoi pensieri colti nel laboratorio di Vicolo Erto: citando Eraclito, «sono connessioni intero e non intero, concorde e discorde, consonante e dissonante, e da tutto uno, e da uno tutto». I funerali di Renato Ischia lunedì 5 maggio in Collegiata alle 15.

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