Busa / Il lutto

L’Alto Garda piange «Bepi Paia», il gigante buono strappato alla vita da un malore

Personaggio tra i più noti e amati, legatissimo al «Gruppo Costruttori» del Carnevale arcense, Giuseppe Veronesi era andato in pensione non molto tempo fa, dopo aver passato anni a bordo della sua immancabile spazzatrice stradale. Domani, mercoledì 22 febbraio, l’ultimo saluto nella Collegiata

di Roberto Vivaldelli

ARCO. L'Alto Garda piange il suo gigante buono. È morto all'età di 64 anni Giuseppe «Bepi Paia» Veronesi di Arco, mancato ieri mattina (lunedì 20 febbraio) per un malore. Non molto tempo fa era andato in pensione dopo aver passato anni a bordo della sua immancabile spazzatrice stradale. Lavoro che ha svolto sempre con grandissima passione e con il sorriso nascosto dalla folta barba.

Con il cuore a sinistra - fu tesserato anche di Rifondazione Comunista - Bepi Paia era un grandissimo amico del Gruppo Costruttori «Carnevalarco» e del suo patron, Mario Matteotti. Quando c'era da fare qualche "bravata" insieme a Matteotti, «Bepi Paia» era sempre in prima linea: non occorreva nemmeno andare a cercarlo perché era lui il primo a farsi avanti.

«Ciao mascherina, a nome de tutti noi, vola alt» lo ha ricordato così ieri Matteotti sui social, pubblicando una bella foto del carnevale insieme a Bepi. «Mi diceva sempre: Mario dai fem qualcos' ensema» ricorda Matteotti, interpellato da l'Adige. «Io gli rispondevo: sì facciamo qualcosa ma dobbiamo decidere cosa. Lo avevamo conosciuto come dipendente comunale, poi si è affezionato molto al Gruppo Costruttori e ci ha dato una mano per “Zo da La Pina” e altre manifestazioni. Successivamente abbiamo iniziato anche a fare dei video divertenti per "TeleGarda", era nato un bel rapporto d'amicizia» osserva Matteotti.

«Era un iscritto e simpatizzante di Rifondazione nel primo decennio degli anni duemila - ricorda Tommaso Ulivieri, consigliere comunale - lo incontravo qualche volta, facevamo due chiacchiere, era presente e interessato alle questioni politiche. Personaggio spiritoso, ironico».

«Un ricordo del Bepi Paia? No, non riesco proprio a scriverlo», osserva Cornelio Galas. «Non mi viene, perché sarebbe come ammettere, davvero, che non c'è più. Che non leggerò più su facebook i suoi incredibili dialoghi col cane Gino. Che non ci sarà più, nell'aria, quel suo "Mal d'alga" da inguaribile "pesatèr" anche se forse i suoi più veri amici li aveva tra noi "arcensi marzóni". E no, è proprio la prima volta che toccando i tasti del computer resto lì, quasi come se non sapessi più scrivere».

«Sarebbe diverso se fosse lì, come l'ultima volta che l'ho visto, al bar ("Bepi, ma ti che te ocupi do caréghe pàghet el doppi?") e potesse rispondermi. Mandarmi a quel paese con la sua proverbiale (e sottile, arguta) ironia. Allora sì che verrebbe fuori il vero Bepi Paia. Che già chiamarlo "Paia", paglia, proprio lui, era decisamente una barzelletta se non si andava alla vera storia di quel soprannome».

Ovunque tu sia, adesso, Bepi, sottolinea Galas, «non averne a male per questo mio silenzio. In fondo bastava un tuo sorriso, tra una lisciatina della folta barba e un tuo sguardo, per capirci al volo. Senza parlare. Tanto lo sappiamo da anni, da quando ci siamo conosciuti, quanto e perché conta l'amicizia. E quanto è difficile mantenere questi sentimenti soprattutto nei momenti tristi. Ecco, ti chiedo solo una risata, una delle tue risate. Per andare avanti in questa vita che tanto dà e tanto, di colpo, magari, ti può rubare. Il resto lo sai. Non occorre tacàrghe i frónzoi e gnanca altre zònte». Domani, mercoledì 22 febbraio, alle 14 sarà celebrato l'ultimo saluto in chiesa Collegiata.

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