Riva: ristoratori in piazza «Ecco le chiavi dei locali, o soldi, o noi si muore»

I numeri dipendono dai punti di vista: una cinquantina secondo le forze dell’ordine, quasi 80 per gli organizzatori. Ma ci sono ben altri numeri che segnano il confine tra la vita e la morte di centinaia di aziende alle prese con le restrizioni da Covid 19. «O lo Stato e la Provincia ci aiutano oppure molti di noi rischiano di non riaprire mai più». Il grido di dolore si è alzato forte e all’unisono ieri mattina in piazza Tre Novembre a Riva, sotto le finestre del Comune, tra i partecipanti alla manifestazione pacifica di baristi, ristoratori e alcuni operatori del settore ricettivo che hanno deciso di interrompere il lockdown per dire che così non si può andare avanti. Non solo la volontà di riaprire ma la necessità, più o meno generale, che le istituzioni sostengano finanziariamente e senza ulteriori ritardi un comparto che nell’Alto Garda e Ledro dà lavoro e produce reddito per decine di migliaia di persone.
«Quando riapriremo sarà comunque una catastrofe per molti - sottolinea Flavio Biondo, ristoratore ed ex presidente di categoria, tra i promotori dell’evento - Le armi per combattere questa battaglia può darcele solo lo Stato e per questo, come segnale, abbiamo deciso di consegnare le chiavi dei nostri esercizi al sindaco di Riva affinché le faccia pervenire a Roma». «Stiamo morendo di sete - incalza Biondo - E quando riapriremo, con frontiere chiuse e turismo bloccato, l’acqua non sarà abbastanza per dare da bere a tutti. O ci danno soldi a fondo perduto o abbattono costi e tasse di questi due/tre mesi di chiusura, non ci sono alternative».
«Vorremmo ricominciare a sopravvivere - rilancia Marco Angeloni della pizzeria Officina33 di viale Pilati - Dateci la possibilità di tornare a produrre, per le nostre famiglie ma anche per i nostri dipendenti che la cassa integrazione non l’hanno ancora vista. Promettono soldi ma non si vede nulla, intanto però le spese restano e gli accordi vanno rispettati». «Io aspetterò ad aprire fino a giugno ma qui c’è gente che rischia di non riaprire mai più - osserva Enrico Evia, titolare della trattoria La Montanara, nel cuore di Riva - Bisogna stoppare la tassazione, ci danno 600 euro con una mano e poi ce li tolgono con un’altra». «Stiamo andando contro una tempesta - commenta Alfonso D’Ambrosio, bar Le Busatte e sulla spiaggia a Torbole e gestore del ristorante Belvedere sul Bastione, una trentina di dipendenti in tutto - e con le promesse nessuno di noi può dare da mangiare ai figli. Chiediamo certezze e aiuti, per noi e per i nostri dipendenti che sono parte essenziale delle attività di un territorio. Di questo passo in tanti rischiano di “morire”, di non riaprire più. L’aspetto sanitario prima di tutto ma non si puà convivere col virus tenendo tutto chiuso». «In questo momento l’unica cosa che ci resta sono le spese fisse e i debiti - incalza Giuseppe Pasulo, del Blue Bar di viale Pilati a Riva - Manco le bollette sospendono se non sono superiori a 500 euro: ovvio che con l’esercizio chiuso a queste cifre non ci arriva ma se sono 480 euro ci tocca pagare comunque. Ci diano aiuti sugli affitti, un minimo vitale, accesso al credito più snello e stop alle tasse».

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