«Malati» di slot machine A Riva la maglia nera

di Chiara Zomer

I dati, pubblicati recentemente sul sito «L’Italia delle slot», hanno fatto sussultare sulle sedie gli amministratori della Busa: Riva del Garda è medaglia nera, quando a gioco d’azzardo, nell’intera provincia di Trento. E ad Arco non va tanto meglio: nella classifica - in cui il primo vince al massimo maggiori problemi sociali - è terza, superata solo da Riva, appunto, e Rovereto. Già così, il dato non è di quelli che fanno gioire. Ma a far pensare sono soprattutto le cifre. Perché tra slot e videopocker, Awp e Bingo, vengono «bruciati», a Riva, qualcosa come 33,01 milioni di euro all’anno.

E quando si dice bruciati, lo si dice perché a fronte di questi «investimenti» in fortuna, il ritorno è decisamente inferiore alle attese: le vincite non superano, nella città gardesana, i 25,75 milioni di euro. Significa che all’ombra della Apponale sono stati buttati al vento 8 milioni di euro. E già così fa impressione. Ma se si guardano i dati pro capite, c’è di che riflettere: nel 2016 - ultimo anno disponibile - i rivani hanno speso, pro capite, 1.900 euro in macchinette. Giocano, e trovano il modo per giocare: sono infatti in aumento le slot, passate da 106 nel 2016 a 213 nel 2017. Ovvio che rischia di essere un problema serio. Perché il gioco troppo spesso va di pari passo con il rischio ludopatia, quindi problemi seri, sia per se stessi che per la propria famiglia.
È un tema importante, a fronte del quale tuttavia le pubbliche amministrazioni hanno le mani piuttosto legate.

Le nuove normative sul commercio impediscono l’opera di pianificazione che era un tempo appannaggio dei municipi, come osserva l’assessore al commercio di Riva Massimo Accorsi: «Noi purtroppo possiamo incidere poco. Certo, anche da noi c’è la normativa che obbliga ad una distanza precisa dai punti sensibili, come scuole, ospedali e case di riposo, per tutelare le fasce deboli - spiega Accorsi - ma guardiamoci in faccia: non sono poche centinaia di metri che risolvono il problema. Dall’altra, le amministrazioni hanno le mani sempre più legate: ormai se si possiede uno spazio e si rispettano le leggi, si può aprire qualsiasi cosa. Non è più possibile influire. Si discutono mozioni, una ce l’abbiamo in calendario a breve, ma è difficile incidere davvero».

Provano, ad incidere, per lo meno sul fronte della prevenzione, ad Arco. Dove pro capite si spendono 1.643 euro l’anno, per un totale di 29,12 milioni di euro (a fronte di 23,03 milioni di vincite). E dove sull’argomento si è interrogato l’ultimo consiglio comunale: «Si è iniziato a discutere di ridurre l’orario d’apertura - spiega l’assessore alle politiche sociali Silvia Girelli - e alla fine è stata approvata una mozione che prevede un tavolo congiunto tra commissione commercio e commissione politiche sociali, per mettere in campo azioni di sensibilizzazione. Gli attori della società, a partire dalle scuole e dalle associazioni, fanno già tanto. vedremo come coinvologere maggiormente chi è disponibile». Perché il tema c’è. E rischia di pesare sempre di più.

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