Speculazioni e cemento nell'olivaia di Arco Il giudice: «Danno enorme alla comunità» Condanna per l'ex Argentina: le motivazioni

di Paolo Liserre

La lottizzazione Olivenheim - ex Argentina rappresenta «un danno inflitto alla comunità, un danno enorme, determinato dalla dimensione dell’intervento edilizio o, se si preferisce, dall’interesse paesaggistico dei luoghi interessati, visibili da tutta la città di Arco.

E non si può negare che sia stata raggiunta in dibattimento la prova della violazione, per giunta macroscopica e quindi per così dire flagrante, dell’articolo 75 del Piano regolatore».

Ad affermarlo non è un’associazione ambientalista, qualche esponente politico di parte avversaria o chissà chi altro ma il giudice del Tribunale di Rovereto Carlo Ancona che a tempo di record ha depositato le motivazioni della sentenza sul caso giudiziario-urbanistico-politico più scottante e imbarazzante quantomeno dell’ultimo decennio nell’Alto Garda.

Sessantasei pagine per spiegare la decisione assunta il 31 maggio scorso dopo una brevissima camera di consiglio e che ha portato alle condanne per «lottizzazione abusiva aggravata» di Roberto e Gianluca Miorelli (rispettivamente legale rappresentante e amministratore delegato della Cosmi spa), dei tre progettisti veneti della stessa impresa di costruzioni (Alessio Bolgan, Bruno Ferretti e Mariano Zanon) e della dirigente dell’area tecnica del Comune di Arco Bianca Maria Simoncelli ad un mese di arresto, 31 mila euro di ammenda cadauno (pena sospesa) e al risarcimento in solido alla parte civile di 50 mila euro con una provvisionale di 30 mila euro.

E ha assolto nel contempo il vicesindaco in carica Stefano Bresciani, la funzionaria dell’ufficio edilizia privata del Comune di Arco Tiziana Mancabelli, i membri della commissione edilizia comunale Massimo Favaro e Giorgio Bellotti «perché il fatto non costituisce reato».

La sentenza del 31 maggio scorso ha disposto anche la confisca dei beni già posti sotto sequestro nel febbraio dell’anno scorso (appartamenti, garage, etc. per un valore di circa 10 milioni di euro).

La prescrizione - Il termine individuato dal giudice Ancona è il 25 giugno dell’anno prossimo, partendo quindi dalla data presunta di «fine lavori» individuata nel 2013 mentre la Procura ha sempre sostenuto che di fatto, essendoci appartamenti non ancora completati, non si può parlare di fine lavori.

La posizione di Roberto Miorelli - Prendendo spunto dalle dichiarazioni spontanee fornite in aula dall’imputato, il giudice Ancona stigmattizza il termine «mal di pancia» usato da Miorelli e il richiamo fatto da lui stesso e dallo stesso avvocato difensore: «Utilizzando quelle parole - scrive Ancona - l’imputato non ha affatto evidenziato un proprio affidamento incolpevole a quanto l’amministrazione lo autorizzava a realizzare ma esprimeva (e con qualche arroganza) la sorpresa di essere stato colto in illecito flagrante quando ormai l’operazione era stata realizzata e i suoi risultati erano sotto gli occhi di tutti.

Il privato che opera nel settore da molti anni con esperienza e e competenza non può difendersi allegando la propria buona fede consistente nell’affidamento al contenuto degli atti amministrativi di cui peraltro egli stesso è stato il necessario promotore».

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"1591711","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"354","style":"float: right;","width":"715"}}]]«Bresciani - scrive il giudice - intervenne e limitò la sua presenza a direzione della commissione edilizia che emise il parere di conformità per il rilascio dell’autorizzazione, e a maggior ragione la stessa considerazione si può dispiegare per Favaro e Bellotti. Nulla si sa - sottolinea Ancona - delle posizioni che essi assunsero, dei dubbi che forse formularono, dell’interesse che posero nell’adempimento della loro funzione. Ma certamente essi non ebbero alcun ruolo attivo nell’elaborazione degli atti precedenti e anche l’affermazione del pm che almeno Bresciani già sapeva della vicenda per il proprio ruolo pregresso non trova sostegno».

La premessa è d’obbligo: l’ex sindaco Renato Veronesi non è mai stato indagato e men che meno quindi imputato in questo procedimento. Ma il giudice Ancona lo richiama tre volte in occasione di altrettanti riferimenti a riunioni della commissione edilizia. La riunione del 15 ottobre 2007, alcune riunioni successive e quella decisiva del 21 maggio 2009 per la quale il giudice scrive: «La commissione edilizia, questa volta (si badi: per la prima volta) a presidenza Bresciani e su relazione Mancabelli, esaminava la richiesta di concessione edilizia e dava parere favorevole».

Ma non solo. Ancona: «Dalla lettura del verbale del 21 maggio 2009 emerge anzitutto l’assenza del sindaco (fino ad allora sempre attivo e presente, come si è visto) e del responsabile legale, oltre che di un architetto; assenze - precisa Ancona - certamente non casuali ed anzi molto significative».

Per la dirigente comunale Simoncelli il giudice parla «non di dolo ma di indiscutibile colpa che non trova alcuna scusante in positivi riferimenti in atti precedenti. In sede di concessione l’imputata era edotta del contenuto delle planimetrie in esecuzione della richiesta del consiglio comunale e quindi era in grado agevolmente della dimensione, dellla volumetria e soprattutto della qualità dei volumi esterni dei garage dell’edificio A.

E tuttavia - scrive Ancona - diede atto della conformità al Prg (di cui il parere della commissione non parlava) anche se insieme computò in 19.026 metri cubi il volume da prendere in considerazione ai fini della determinazione delle opere di urbanizzazione». In termini generali il giudice Ancora ribadisce che «non ha rilievo l’assenza di precisazione sull’esatta dimensione della violazione e cioè quanti fossero i metri cubi edificati benché emersi. Perché quel che è certo e sufficiente - scrive - è che risulta essere stata violata una precisa prescrizione dell’articolo 75 del Prg».

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