Fondali del Garda, "contaminati per sempre"

Il caso delle anguille alla diossina e Pcb, intervista all'esperto di materie ambientali Marino Ruzzenenti

«L’inquinamento da Pcb e diossine in fondo al lago «resterà in eterno». Non si mangeranno mai più anguille del Garda. Questa l’amara verità che racconta Marino Ruzzenenti, bresciano, storico dell’ambiente, che fece emergere nel 2001 il «caso Caffaro» e il grave inquinamento da Pcb e diossine (cancerogeni) nel bresciano.
Ruzzenenti che ha innumerevoli lotte ecologiche, inchieste e pubblicazioni alle spalle, ha studiato a fondo problemi e cause derivanti da contaminazione di acque, suoli, animali e persone da policlorobifenili e diossine.

Da quattro anni il ministero della salute vieta di mangiare e pescare le anguille del Garda perché risultano contaminate da Pcb e diossina

«Dai dati di alcuni anni fa non sono sono solo le anguille a essere contaminate da Pcb e diossine ma anche altre specie, come le tinche, se non erro, che vivono nel limo dei fondali più che nelle acque. L’inquinamento è depositato nel limo non nelle acque».
Dopo anni di indagini si è fatto un’idea delle cause di questo inquinamento?
«L’origine è quasi certo vada attribuita alla gestione delle centrali idroelettriche a monte, perché dotate di grandi trasformatori che storicamente funzionavano con olii Pcb. Erano riempiti di questo olio per impedire che il trasformatore scoppiasse, che andasse in corto circuito. È un olio non infiammabile e isolante, serviva a stabilizzare i trasformatori».
Ma come sarebbe finito poi nel Garda?
«L’olio esausto veniva probabilmente gettato nell’acqua corrente, parliamo di un periodo tra gli anni ‘30 e gli anni ‘80. È stato nel ‘84 che il Pcb fu vietato in Italia. Non ci possiamo immaginare quante tonnellate di Pcb e diossine siano finite in fondo al Garda in mezzo secolo. Non erano solo le centrali elettriche a usare questi oli ma tutte le industrie come le acciaierie che avevano bisogni di grandi trasformatori».
Nel tempo l’inquinamento sparirà?

«Pcb e diossine sono indistruttibili, rimangono in eterno. Il sole potrebbe avere qualche effetto ma stando nei fondali non c’è speranza».
Vuole dire che le anguille del Garda saranno contaminate per sempre?
«Sì certo, almeno nelle zone di fondale inquinato».
E c’è una mappa dei fondali contaminati e quelli salvi?
«Bisognerebbe fare dei prelievi di limo dal fondo, punto per punto, e analizzarli».
Ed è stato fatto?
«Da quello che so io non sono mai stati fatti»
Lei ha studiato il caso anche di altri laghi, com’è il confronto col Garda?
«In Francia la situazione è migliore ma per restare da noi lo stesso problema riguarda il lago d’Iseo, quello di Idro, i laghi di Mantova dove pure vige il divieto. Per il lago di Iseo si sospetta addirittura che alcuni picchi di tumore in determinati paesi sia dovuto al consumo di anguille».
Dal 1984 però la contaminazione è terminata
«Guardi come per l’amianto prima di cambiare registro bisogna mettere in conto una certa inerzia».
Senta, ma una volta individuati le zone di fondale col limo inquinato non si potrebbe procedere asportandolo o è improponobile o troppo costoso?
«Credo che sia praticamente impossibile. Anche perché lo smaltimento è molto costoso».

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