Morì di Covid in casa di riposo: dalla famiglia azione legale da 800 mila euro

L’avvocato Fabrizio Miracolo di Viareggio, ha presentato ieri al Tribunale di Trento un atto di citazione nei confronti dell’Apsp Santo Spirito - Fondazione Montel, a seguito della morte in rsa nel marzo scorso di un anziano, familiare degli assistiti dal legale: decesso avvenuto a causa del Covid-19 ma anche per gravi mancanze, come sostiene Miracolo, per il quale si chiede un risarcimento di circa 800 mila euro.

Questo l’ultimo anello della catena che vede l’avvocato Miracolo protagonista sul suolo trentino ancora dalla scorsa primavera, quando in aprile presentò il primo esposto ai carabinieri del Nas di Trento riguardo la gestione interna alla casa di riposo perginese nel corso della prima ondata pandemica (quando, lo si ricorda, tutta la struttura di via Pive venne dedicata agli ospiti positivi al virus).
Gli accessi alla casa di riposo furono bloccati per le persone esterne il 5 marzo, il primo caso di contagio all’interno della struttura fu rintracciato l’8 marzo, e da quel momento l’escalation di contagi (moltissimi anche fra il personale) e, purtroppo, decessi, è nota.
Nel lungo documento prodotto dal legale vengono descritti in maniera dettagliata (grazie anche ai documenti richiesti alla stessa casa di riposo sul paziente poi deceduto) gli ultimi giorni di vita del familiare degli assistiti dall’avvocato Miracolo, in casa di riposo da maggio 2018 e dall’età di 85 anni, morto il 22 marzo dopo alcuni giorni di aggravamento delle sue condizioni ed a distanza di pochi giorni dalla scoperta della sua positività avvenuta il 15 marzo. Da quel giorno i contatti diretti (anche se a distanza) fra i familiari e l’anziano si interrompono, seguiti solo da aggiornamenti delle condizioni di salute da parte del personale sanitario della struttura.
Nell’istanza vengono riportate le mail che la coordinatrice sociosanitaria della casa di riposo scrisse alla figlia dell’anziano, nelle quali si segnalava una situazione «stabile», la comparsa di febbricola ed uno stato generale di assopimento, oltre al trattamento con ossigeno: a precisa richiesta di pensare ad un ricovero in ospedale, la risposta fu che «la valutazione verrà fatta dal medico ma abbiamo indicazioni di gestire i residenti il più possibile in rsa».

Dal diario clinico tuttavia è stato scoperto che l’anziano aveva febbre (37,7°) già la sera del 13 marzo: temperatura che è aumentata anche oltre ai 38°, seguita dalla comparsa di tosse il 16 marzo e da uno stato di grave ipossia con livelli di saturazione dell’ossigeno anche dell’82%, che non torneranno più a livelli normali neanche con la somministrazione di ossigeno ad alte dosi (tanto che nelle ultime ore non saranno neanche più rilevabili dagli strumenti). L’anziano è stato visitato per l’ultima volta da un medico il 18 marzo, giorno da cui, fino al decesso, è stato assistito solo dal personale infermieristico in quanto la guardia medica intervenuta il 22 marzo ne constatò solo il decesso. Una realtà diversa da quella riportata ai suoi stessi familiari.
L’avvocato richiama anche il fatto che gli stessi operatori sanitari all’interno della casa di riposo fossero stati invitati a non indossare le mascherine per non spaventare gli ospiti: la rsa, secondo Miracolo, era gravemente impreparata alla gestione del contagio, ma anche per garantire la sicurezza del personale che assisteva i pazienti, nonostante l’andamento sempre più preoccupante della pandemia fosse già noto. Ne è prova, sostiene l’avvocato, l’incapacità di contenere una gastroenterite a fine dicembre 2019 che, sempre in via Pive, aveva contagiato quasi tutta quella struttura, personale compreso (così come denunciato anche da un’interrogazione in consiglio provinciale di Filippo Degasperi).

La replica della Casa di Riposo.  «Siccome veniamo accusati di inefficienza ed incapacità, tengo a precisare che ci siamo sempre attenuti alle indicazioni fornite dall’Azienda Sanitaria e dalla task force e abbiamo un’ottima equipe medica ed infermieristica con esperienza pluriennale»: non si fa attendere la risposta di Diego Pintarelli, presidente dell’Apsp, a nome del consiglio di amministrazione della rsa perginese, dopo che nella giornata di mercoledì l’avvocato Fabrizio Miracolo ha presentato al Tribunale di Trento un atto di citazione in giudizio proprio contro i vertici dell’Apsp per la morte, il 22 marzo scorso, di un anziano.

Le accuse, nel lungo atto presentato dal legale dei familiari del defunto, puntano a sottolineare mancanze ed inadeguatezze della struttura di via Pive in quel primo momento di emergenza, ma Pintarelli risponde portando a sua volta documentazione per controbattere: «All’insorgere dei primi casi - prosegue la nota - non c’era alcun protocollo né di prevenzione né di gestione inviatoci da parte dell’Azienda Sanitaria, che è l’autorità sanitaria da cui dipendiamo, tant’è che con circolare del 25 febbraio l’Azienda sosteneva l’assenza di casi in Trentino e che le attività socio-sanitarie potevano proseguire con regolarità senza modificazione alcuna. Tra l’altro, l’indicazione confermata della Provincia con circolare del 26 febbraio dà indicazioni al personale dipendente dicendo che non è richiesto utilizzo di dispositivi di protezione individuale aggiuntivi rispetto all’ordinaria attività».
Vengono inoltre elencate anche le date in cui sono state introdotte, dall’amministrazione della rsa, le disposizioni per l’uso dei dispositivi, di data 11 marzo, pochi giorni dopo la conferma del primo caso di positività all’interno della casa di riposo (l’indicazione dalla Provincia, in tal senso, è di tre giorni dopo, il 14 marzo): «Sono stati adottati - si legge ancora - tutti i protocolli allora noti per affrontare il Covid e l’Azienda Sanitaria, con circolare del 18 marzo, dava indicazioni alle rsa per la gestione dei casi Covid di non operare alcun trasferimento verso gli ospedali in quanto sotto fortissima pressione, e che le rsa erano considerate a tutti gli effetti strutture a bassa intensità di cura per la presa in carico dei casi Covid».
I documenti forniti dall’Apsp confermano quanto espresso da Pintarelli: una circolare del 25 febbraio del direttore per l’integrazione socio-sanitaria dell’Azienda Sanitaria, Enrico Nava, specifica che a quella data «in Trentino non sono noti casi di infezione da Covid-19 e pertanto in linea generale le procedure assistenziali e sanitarie in essere presso le strutture in indirizzo non hanno ragione di essere modificate»; inoltre «le attività delle strutture - prosegue la circolare - possono proseguire con regolarità». Linea ribadita il giorno successivo da un’altra comunicazione del dirigente Giancarlo Ruscitti.
Si arriva poi alla tanto discussa circolare del dottor Enrico Nava, datata 18 marzo, in cui si legge che «le rsa devono essere considerate a tutti gli effetti come strutture a bassa intensità di cura per la presa in carico dei casi di infezione accertata o sospetta nell’interezza del percorso assistenziale, e non devono operare alcun trasferimento verso gli ospedali».
A completezza poi della risposta, Pintarelli mostra anche la documentazione allegata ad una querela nei confronti del consigliere Filippo Degasperi in merito alle accuse rivolte all’Apsp per una possibile epidemia di gastroenterite partita, secondo quando specificato dal consigliere, sempre dal quarto piano della struttura di via Pive: analizzando tutte le cartelle «si evince come alcuni pazienti nella settimana di Natale 2019 abbiano presentato sintomi gastroenterici autolimitantesi in cui la sintomatologia è arrivata a risoluzione spontanea entro 48 ore senza comportare né invii in pronto soccorso né necessita di modifiche terapeutiche o altro».

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