Viarago, tombaroli in azione sulla sommità del Dos de la Cros

Pergine Valsugana, nell'area archeologica prelevato materiale di interesse pobblico

Che in Trentino i «recuperanti» esistessero è cosa nota. Che i loro obiettivi preferiti fossero le zone della Prima Guerra Mondiale, si sapeva. Ma che ora mettessero anche il naso in zone archeologiche (diventando «tombaroli»), dove migliaia di anni fa lasciarono le loro tracce i primi veri abitanti della zona, è una novità, non bella, per il perginese.
 
Un appassionato di storia di Pergine, nel mese di settembre, passeggiando sulla sommità del Dos de la Cros (o Predolcia) a Viarago, aveva notato che la zona, fin dagli anni Settanta di riconosciuto interesse archeologico, era stranamente soggetta a scavi non propriamente effettuati da esperti per scopi di interesse pubblico.
 
 «Quel che ho trovato è stato sconfortante - dice chi ha scoperto questi scavi abusivi - dalla concavità e dalla calotta è stato prelevato un consistente numero di pietre, sistemate ora a formare un rozzo muretto a secco, che con l’aggiunta di rami forma una sorta di recinto all’area». Ma non è tutto: oltre ad essere state rimosse e manomesse le pietre, che hanno modificato quindi il luogo che è stato scavato, rendendolo più profondo, oltre ad aver creato un dozzinale recinto all’area.
 
Chi ha scoperto questa situazione si è prodigato di segnarla alla Soprintendenza per i Beni Culturali - Ufficio beni archeologici della Provincia. Nel mese scorso, i funzionari della Soprintendenza si sono recati sul posto, che non hanno potuto fare altro che notare quanto segnalato, e cioè «la presenza di scavi e interventi abusivi di rimozione e spostamento di pietre pertinenti al deposito archeologico», avvisando anche i carabinieri.
 
VLe ricerche di superficie iniziarono verso la fine degli anni Settanta, ad opera di Tullio Pasquali, Marzio Zampedri ed Egidio Pintarelli, che individuarono sul dosso sovrastante l’abitato di Viarago, chiamato appunto Doss de la Cros e già segnalato in passato per dei ritrovamenti archeologici, un grosso cumulo di sassi a forma di ferro di cavallo, alto circa cinque metri. Lo scopo di questo luogo non è certo, e vi sono varie ipotesi: gli esperti che a riguardo si sono confrontati propendono tuttavia per un luogo di culto, che contemplava l’accensione di roghi votivi. La zona non è nuova a questo tipo di rinvenimenti, basti pensare ai vicini Montesei di Serso.

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