Il caso della treccia mochena, tra prezzo e tradizione

La treccia mochena è diventata ormai un caso. Quasi politico. Prima le accuse su Facebook di Sergio Franceschinelli (che ci ha mandato un «chiarimento» nei confronti del «caro Diego» per la «treccia» calpestata), poi la replica di Diego Moltrer, in campo in difesa della «sua» valle e del «suo» dolce e ora le reazioni degli esercenti e dell'assessore Dallapiccola I vostri commenti

treccia mochenaLa dolce e golosa treccia divide la valle dei Mocheni. C'è chi la ama per la sua bontà e la vende soddisfando le numerose richieste della clientela, chi invece non la considera nemmeno poiché «non appartiene alla tradizione valligiana». Infine, c'è chi preferisce escluderla dal menù per portare in tavola prodotti da forno preparati «in casa», senza rivolgersi a panettieri o pasticcieri terzi.
Pieno accordo, invece, sul prezzo di commercializzazione dello sfizioso dolce: ristoratori e baristi che «sposano» la prelibatezza ripiena di confettura di mirtillo e crema pasticcera concordano nel definire «consono ed appropriato» l'importo di 3,50 euro per la vendita di una sostanziosa fetta (larga almeno tre dita, per intenderci con le misure). Ma non «alla buona» in un tovagliolo di carta. Bensì ben impiattata e presentata con panna montata oppure altre decorazioni cromatiche, con tanto di forchetta per assaporarla a fondo.
No, non stiamo introducendo un corso di cucina. E nemmeno si tratta di uno scherzo. È di ieri la presa di posizione da parte del presidente del consiglio regionale Diego Moltrer in difesa della «sua» valle dei Mocheni e dell'omonima specialità dolciaria. Le quali, nei giorni scorsi, sono state «prese di mira» da un avventore, Sergio Franceschinelli, che attraverso il social network Facebook lamentava «di aver pagato ben 3,50 euro una fetta di treccia mochena ritenendosi insoddisfatto di servizio e qualità della consumazione».
È stata questa denuncia a scatenare la reazione del «paladino» della valle dei Mocheni, impegnato fino a qualche giorno fa nel risolvere la questione dei vitalizi dei consiglieri regionali. Proprio Moltrer ha ricordato come ricettività e accoglienza siano due capisaldi per il rilancio dell'economia del territorio. «Avrebbe fatto meglio a criticare il locale - ha precisato Moltrer - e non la valle intera: sarò lieto di accompagnarlo personalmente a verificare passione e dedizione di chi mantiene vive le nostre tradizioni».
E gli esercenti? Proprio sul termine «tradizione» arriva la spaccatura. La treccia mochena, infatti, non rientra nei ricettari di nonne e prozie e nemmeno impiega ingredienti che crescono sul territorio.

 

LA REPLICA

Preso atto della reazione di Moltrer, Sergio Franceschinelli non ha perso tempo nell'inviare al nostro giornale una sorta di «chiarimento» nei confronti del «caro Diego» per la «treccia» calpestata. «Mi sento a disagio nel rivolgermi alla carica istituzionale più alta della Regione per una fetta di dolce in un momento in cui ben altre sono le preoccupazioni». Franceschinelli tiene a precisare di non aver in alcun modo offeso la treccia mochena, né tantomeno la valle. «Ritengo esagerata la richiesta di nove euro per due caffè e due fettine di treccia consumate al banco - prosegue - Ciò non c'entra con bontà ed autenticità del dolce, né tantomeno con la qualità dell'ospitalità: ho evidenziato con approccio costruttivo una situazione che non è consona al livello di recettività trentina». Aggiunge di essere un assiduo frequentatore della valle e di apprezzarne la genuinità. In qualità di presidente della Federazione cori, infine, Franceschinelli invita Moltrer a partecipare al concerto di sabato 26 luglio a Kamauz. «Sarai il benvenuto a cena come nostro ospite  Concluderemo la serata con un brindisi alla salute di chi ama la valle».

 

L'ASSESSORE

«Mi occupo dei problemi della pubblica amministrazione e non di dolcetti». Sono le parole con cui l'assessore al turismo  Michele Dallapiccola  si esprime riguardo all'intervento del «collega» di partito (Patt) Diego Moltrer in merito alla questione della treccia mochena. «Anche perché questo prodotto di "mocheno" ha solamente il nome - prosegue - In associazione al dolce in questione non vi è alcuna appartenenza territoriale né tantomeno storia oppure tradizioni locali».
L'assessore Dallapiccola allarga il quadro anche alla lucanica piccante mochena: «Si tratta di pietanze - conclude - che non richiedono l'impiego di prodotti territoriali per la loro preparazione e produzione, quindi mi sembra un po' eccessivo parlare di tipicità quando crema pasticcera e sfoglia, piuttosto che peperoncino, sono ben distanti da avere forti valenze e radici territoriali».

 

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