Il giallo / Celledizzo

Morte di Massimiliano Lucietti: omicidio colposo, si cerca il “terzo uomo”. Il punto della situazione

A tre mesi dalla scomparsa del giovane Max Luce la verità non è ancora stata accertata. Dalle analisi del Ris non risultano tracce di polvere da sparo sulle mani e sugli abiti di Maurizio Gionta, che si è suicidato il giorno dopo la scoperta del corpo senza vita del 24enne. Le indagini proseguono: molti in zona possiedono un fucile compatibile con quello che ha sparato nell'ottobre scorso

ANALISI Fucile, distanza e orari. Tutti i punti su cui manca chiarezza
OMICIDIO Massimiliano ucciso con un colpo alla nuca
IL DRAMMA Cacciatore di 24 anni trovato morto in val di Sole
DOLORE Celledizzo, il doppio dramma di una comunità
 

CELLEDIZZO. Due persone decedute in due giorni in circostanze tragiche e fra esse legate. Una comunità di Celledizzo, frazione di Peio di 300 abitanti, sconvolta dal dolore. Ed ora il sospetto di una terza persona nel bosco quella mattina, una persona coinvolta nella disgrazia, diventa più di una semplice ipotesi.

Massimiliano Lucietti, 24 anni, dipendente della Fucine Film di Ossana, venne trovato senza vita in località Corè. Era in posizione supina, con il fucile a terra, vicino ma non troppo alla vittima: una posizione considerata anomala dagli investigatori, che trovarono un bossolo esploso all'altezza dell'addome. A scoprire il corpo del giovane e dare l'allarme era stato il guardiacaccia in pensione Maurizio Gionta. Erano le 7.15 circa de 31 ottobre. I soccorritori, fra di essi i vigili del fuoco volontari di Peio colleghi di Lucietti, nulla avevano potuto fare per salvare il giovane: Max Luce, come era conosciuto in paese, era stato ucciso da una pallottola che lo colpì alla nuca ed uscì dal collo.

La vittima si trovava probabilmente appostata quando venne raggiunta dal proiettile sparato da una distanza di almeno mezzo metro. L'autopsia ha escluso l'ipotesi di un gesto estremo o di un incidenteautoindotto accaduto mentre la vittima stava sistemando l'arma. Maurizio Gionta, che si trovava pure lui nei boschi per una battuta di caccia e che si imbattè nel corpo senza vita del giovane, venne convocato in caserma.

Si tratta di una procedura prevista, se non obbligatoria: i testimoni vengono sentiti dai carabinieri con il fine di raccogliere quanti più elementi possibile per cristallizzare la "scena del crimine", in questo caso il ritrovamento di una persona deceduta in circostanze non definite. Gionta venne trattenuto per diverse ore.

Oltre ad essere sentito a sommarie informazioni era stato sottoposto a stub, il tampone che determina i residui da sparo presenti sulle persone e sugli indumenti e in quale percentuale. Come risulta dagli atti, l'allarme venne dato alle 7.15 circa e gli stub vennero eseguiti su Gionta alle 14.30 circa. Il suo fucile venne sequestrato assieme alla carabina della vittima.

La procura di Trento quel giorno aprì un fascicolo di indagine per omicidio colposo a carico di ignoti. L'ex guardiacaccia non era indagato, ma all'uscita dalla caserma lo assalì un'angoscia profonda. Lo disse a tutti - ai familiari, all'avvocato - che non era stato lui a sparare e che temeva che i sospetti si concentrassero su di lui. Si può solo intuire la profonda angoscia che lo travolse quella notte e il peso che si sentì addosso per arrivare alla drammatica decisione di farla finita.

All'alba dell'uno novembre, meno di 24 dopo la morte di Lucietti, Gionta andò nel bosco imbracciando un fucile. Il biglietto ritrovato dalla famiglia indicava la sofferenza patita nel sentirsi addosso le attenzioni degli inquirenti («Non attribuitemi colpe che non ho», scrisse). Le due morti sono confluite in un unico fascicolo di indagine. Successivamente erano stati sentiti altri cacciatori che la mattina del 31 ottobre erano a caccia a Celledizzo ed i carabinieri, in accordo con la procura, avevano sequestrato una ventina di armi compatibili con il colpo che aveva ucciso il giovane.

La scoperta che si trattasse di un proiettile calibro 270, come l'arma di Gionta, non era stato un elemento dirimente nelle indagini. Non era stato definitivo neppure il risultato dell'analisi dei carabinieri sull'ogiva del proiettile mortale: era deforme, troppo deteriorata per stabilire la provenienza, ossia per abbinare il colpo al fucile che l'ha espulso. A tre mesi dalla scomparsa del giovane Max Luce la verità non è ancora stata accertata.

Secondo le analisi del nucleo specializzato dei carabinieri (Ris), non risultano tracce di polvere da sparo sulle mani e sugli abiti dell'altro cacciatore (Maurizio Gionta), che si è suicidato 24 ore dopo la scoperta del corpo senza vita del 24enne. Le indagini proseguono: molti in zona possiedono un fucile compatibile con quello che ha sparato nell'ottobre scorso

comments powered by Disqus