La tragedia / Il mistero

Giallo di Celledizzo: fucile, distanza e orari. Tutti i punti su cui va ancora fatta chiarezza

I carabinieri del Ris sono al lavoro nei laboratori per cercare di ricostruire con assoluta certezza la rigatura dell’ogiva ritrovata per “assegnarle” la carabina. A 15 giorni dalla morte di Massimiliano Lucietti si cercano risposte

OMICIDIO Massimiliano ucciso con un colpo alla nuca
IL DRAMMA Cacciatore di 24 anni trovato morto in val di Sole
DOLORE Celledizzo, il doppio dramma di una comunità
DUE MORTI Trovati senza vita due cacciatori a distanza di 24 ore

CELLEDIZZO. Sono passati 15 giorni da quando, alle 7 e 44, fra le strette strade di Celledizzo sono risuonate le sirene dei vigili del fuoco volontari. 13 giorni da quando è stato trovato il corpo senza vita dell'operaio e cacciatore 24enne, Massimiliano Lucietti, a lato di una strada forestale, in località Corè. Ucciso da un colpo d'arma da fuoco alla nuca. 13 giorni di dolore dilaniante per la famiglia e gli amici di Max. 13 giorni di lutto per la piccola frazione del comune di Pejo colpita da due lutti.

Perché il giorno successivo, il primo novembre un altro colpo di fucile è risuonato nei boschi di larice sopra il borgo. A spararlo, a spararsi Maurizio Gionta, forestale, cacciatore di 59 anni. Era stato lui, 24 ore prima, a dare l'allarme, a chiamare i soccorsi perché aveva trovato il corpo di Massimiliano. Nella sua automobile è stato trovato un biglietto.

«Non attribuitemi colpe che non ho». 13 giorni di indagini, di accertamenti, di verifiche. Tante le persone che sono state sentite dai carabinieri - anche cacciatori che quella tragica mattina erano nella riserva di Pejo a caccia, e non erano pochi - in attesa di certezze dall'autopsia eseguita sul corpo del 24enne, in attesa dei risultati delle analisi del Ris sull'ogiva che è stata trovata l 31 ottobre.

L'ogiva e i Ris

La prima risposta che è arrivata dai carabinieri del reparto investigazioni scientifiche, non è stata risolutiva come si sperava. L'ogiva recuperata vicino al corpo di Lucietti nell'impatto si è molto deteriorata e quindi non si è stati in grado di recuperare velocemente la rigatura che è di fatto una sorta di impronta digitale dell'arma che l'ha sparata. Le analisi hanno potuto permettere di stabilire che l'arma dalla quale è partita è una carabina Winchester calibro 270, ma non, per il momento, da quale specifica carabina è stata sparata. Per cercare di dare una risposta a questa domanda sono in corso ulteriori accertamenti ma al momento dai laboratori di Parma non sono ancora arrivate le informazioni attese.

La Winchester 270

Avere il tipo di arma è un elemento ma, appunto, è solo un elemento. Si tratta di un fucile che è molto comune fra i cacciatori. Solo fra quelli che frequentano la riserva di Pejo, sono una ventina che hanno una carabina Winchester 270 fra quelle dichiarate e quindi facilmente individuabili da parte di chi indaga. E fra questi c'era anche Gionta. Ma, come detto, questo non significa nulla perché sono tanti che utilizzano la 270. Si tratta di una carabina "indicata" per la caccia in montagna e il tiro a grandi mammiferi, come il cinghiale, il cervo.E nei boschi sopra a Celledizzo in questo particolare periodo dell'anno si va a caccia di cervi e di caprioli.

Lo sparo

Le prime indicazione che sono state date ai carabinieri e alla procura da parte del dottor Dario Raniero, l'anatomopatologo che è stato incaricato di eseguire l'autopsia, è che il colpo d'arma da fuoco ha colpito Massimiliano Lucietti da dietro, alla nuca. Non solo. Il colpo fatale è partito da almeno mezzo metro, ma molto probabilmente da una distanza maggiore. Non sarebbe stato trovato, infatti, quello che viene definito «tatuaggio», ossia il segno, la bruciatura, che viene lasciata se si spara da una distanza ravvicinata, a bruciapelo. Un altro elemento che forse potrà essere utile per ricostruire quello che è successo quella mattina, è che il 24enne era sdraiato sull'erba, come fosse in posizione di appostamento.

Gli orari

Il 31 ottobre lo sparo che ha tolto la vita a Lucietti, era echeggiato anche in paese, si era sentito verso le 7.25, venti minuti dopo, alle 7.44 era arrivata la chiamata d'allarme alla centrale unica di emergenza 112. Subito prima l'ex guardia forestale - che era uscito a caccia con un amico, anche lui poi sentito dai carabinieri - aveva chiamato il papà di Max. «È morto vieni subito», aveva detto, disperato.

Omicidio colposo

Il fascicolo aperto dalla procura di Trento è sempre per omicidio colposo a carico di ignoti. Perché al momento non si può escludere nulla e le possibilità che si sia trattato di un tragico, mortale incidente di caccia, sono alte.

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