Val di Sole / La storia

Proteggere le api dagli orsi, il recinto non basta: l'allarme degli operatori e un'idea per salvare le arnie

Dopo l'ennesima razzia, un apicoltore di Vermiglio, Federico Scalfi, lancia un appello affinché le istituzioni attuino interventi più efficaci. Una proposta? Le Bienenhaus, casette di legno per salvaguardare le api dagli attacchi dei plantigradi: un sistema già usate in molte zone, dall’Alto Adige alla Slovenia

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di Flavia Pedrini

VERMIGLIO. Senza le api non c’è futuro. Parole ripetute ogni volta che si parla di salvaguardia della biodiversità e di tutela del pianeta. Ma tra i nemici di queste preziose sentinelle del futuro non c’è solo l’inquinamento.

Ne sanno qualcosa gli apicoltori solandri - e non solo - che devono fare i conti anche con le razzie degli orsi.

L’ultimo blitz nella notte fra il 18 e il 19 giugno a Vermiglio, in località Pregion, dove Federico Scalfi e sua moglie Gessica Delpero praticano l’apicoltura a livello di hobby. Il recinto anti orso non è riuscito a proteggere le arnie. La tentazione di gettare la spugna, Scalfi non lo nasconde, è forte. Per ora, però, prevale la passione: «La Forestale ci ha fornito altre protezioni, ma la stagione è andata», dice l’apicoltore, che d’estate lavora come accompagnatore di media montagna e denuncia l’assenza di azioni concrete che consentano una convivenza fra il plantigrado e gli apicoltori.

«Sempre più frequentemente - dice - su social, giornali, pubblicità e riviste di settore, si inneggia alla salvaguardia delle api e a diventare apicoltori. Ma, anche se supportati dalle associazioni presenti sul territorio, a quanto pare in provincia di Trento è difficile, se non impossibile, praticare l’apicoltura a livello hobbistico, ma risulta più facile sfamare il plantigrado. E vi spiego il perché».

Scalfi e sua moglie si sono avvicinati all’apicoltura durante la pandemia. Prima il corso on line poi le prime arnie. «Ma prima ancora di comprare le api abbiamo fatto il recinto». Lo scorso anno la prima produzione di miele li riempie di orgoglio. «Le api sono tante e passano di fiore in fiore e la natura ci gratifica con melai belli pieni».

Poi il primo allarme. «La prima visita dell’orso nell’apiario del nostro vicino ed amico ci mette in allarme, arnie distrutte, api morte e tanti sacrifici andati in fumo. Supportati e consigliati dai forestali potenziamo il nostro recinto (reti anti orso/lupo messe a disposizione della Provincia), fatto a regola d’arte, da manuale. Ora le nostre apette sono al sicuro?».

I fatti dicono di no. «Domenica arriva una telefonata: l’orso ha distrutto il recinto e ha fatto un macello in apiario (cinque arnie e quattro melari)». L’amarezza è tanta. E va oltre il danno economico. «Grazie alla mia professione ho il dovere ed il privilegio di raccontare e pubblicizzare la nostra splendida provincia, oasi di biodiversità, natura e bellezza. Ma quando mi chiederanno degli orsi, cosa risponderò? Che sono innocui? Che sono un vanto della nostra provincia? Ma soprattutto, dico che esiste una buona convivenza tra agricoltura e plantigradi? Che la gestione del tanto voluto orso è cosa da poco ed è tutto sotto controllo? Mentirei», l’amara conclusione.

La speranza di Scalfi - e di molti altri apicoltori - è che siano messe in atto azioni concrete. «Si è parlato di Bienenhaus, casette di legno per salvaguardare le api dagli attacchi dei plantigradi che vengono usate in molte zone - dall’Alto Adige alla Slovenia - e aiutare veramente la natura della nostra splendida provincia, ma per qualche motivo politico o burocratico non si smuove nulla».

Francesco Moratti, presidente dell’associazione apicoltori Val di Sole, Peio e Rabbi - che conta 150 associati - non ha dubbi: «In Trentino manca la volontà politica di farlo. Nella zona di Vermiglio, nonostante ricinti fatti a norma, da mesi l’orso crea problemi. Abbiamo proposto anche un minimo di 20 arnie per avere diritto alle Bienenhaus, ma ci è stato detto che non è possibile. Ora le chiacchiere dovrebbero trasformarsi in atti concreti».

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