La storia / La denuncia

Un ictus non visto quando aveva 23 anni e la battaglia per riprendersi. Il padre: «Mia figlia si sente abbandonata»

Il papà si appella al presidente Fugatti e all'assessora Segnana: "Non chiediano trattamenti di favore, ma da gennaio non fa più fisioterapia. Rischiamo di perdere i progressi fatti da una ragazza che ha una straordinaria forza di volontà e voglia di vivere"

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di Flavia Pedrini

CLES. C'è una data che definisce in modo netto il prima e il dopo di quella che era una famiglia come tante. E cambia per sempre la vita di una ragazza di 23 anni, colpita da un ictus. È il 21 agosto 2020. Quel giorno Ludovica - chiameremo così questa combattente coraggiosa - non si sente bene e viene accompagnata dai genitori all'ospedale di Cles, dove viene sottoposta ad una Tac. Dal referto radiologico non emerge nulla di rilievo.

Ma la ragazza sta male. Quello che accade in seguito è al centro di una indagine della procura, dopo la denuncia dei familiari ai carabinieri del Nas: i problemi neurologici comparsi - secondo la ricostruzione degli inquirenti - vennero collegati ad un quadro di tipo psichiatrico. Trasferita a Trento e sottoposta a terapie la giovane, però, non migliora. Nemmeno la nuova Tac fatta il 23 avrebbe mostrato anomalie.

Il responso arriva il 24 agosto, dalla risonanza magnetica, che mette in luce il danno provocato dall'ictus, ovvero una trombosi aortica basilare. Il giudice delle indagini preliminari, a maggio 2021, ha affidato una doppia perizia per stabilire se vi siano responsabilità - ci sono 13 indagati - per quell'ictus non visto. L'indagine dovrà stabilire se vi sia stato un errore medico o se fosse un caso difficilmente riconoscibile per la sua complessità. Quello che è certo è che la vita di Ludovica e della sua famiglia da quel 21 agosto di due anni fa non è più la stessa: «Ci siamo ritrovati di colpo nel mondo della disabilità», spiega il padre. Ludovica, che pareva avere il destino segnato, ha invece vinto la battaglia più difficile, quella per la vita.

«Ci parlarono di donazione degli organi, il mondo ci cadde addosso. Invece lei ha fatto un miracolo, grazie a una forza di volontà straordinaria e alla sua voglia di vivere. È rimasta invalida, comunque comunica ed è abbastanza autonoma, ma ha sempre bisogno di assistenza». Ed è questo il motivo che ha spinto il padre a rivolgersi al presidente della Provincia, Maurizio Fugatti e all'assessora alla salute, Stefania Segnana. Ha scritto, raccontando la sua storia. Che, in fondo, è forse quella di altre famiglie, alle prese con disabilità, burocrazia e servizi in affanno.

«Mia figlia continua a dire che è stata abbandonata», dice. La sofferenza psicologica è immensa e preoccupa i genitori. La riconoscenza per il lavoro di riabilitazione fatto a Villa Rosa - «Qui abbiamo trovato persone fantastiche, dalla fisioterapista alla oss», dice - si unisce al timore «che un anno e mezzo di lavoro vada sprecato». «Dopo assere stata ricoverata per 10 mesi tra l'ospedale di Trento e quello di Villa Rosa di Pergine e altri 5 mesi di Day-hospital sempre a Villa Rosa, da gennaio 2022 nostra figlia, a parte le visite di routine e per provare gli ausili proposti ed incontri con la psicologa, non ha più fatto fisioterapia.

Dopo aver fatto delle punture di botulino per i muscoli, la situazione sta peggiorando. Villa Rosa ha promesso che avrebbe fatto un ciclo di fisioterapia, ma fino ad ora non sappiamo quando e come. Ci hanno detto che ci sono problemi organizzativi. Non pretendo favoritismi, ma siccome nostra figlia è diventata disabile per un vostro errore (di questo è convinta la famiglia, ma ora dovrà pronunciarsi la magistratura ndr) pretenderei un aiuto in più da parte vostra», le parole scritte a presidente e assessora.

«Sono stufo - dice - Andremo privatamente ed il conto verrà presentato all'Azienda sanitaria», si sfoga. La famiglia di Ludovica - ci sono altri due figli adolescenti, a loro volta travolti da questo tsunami - nel frattempo lotta. Combatte contro la burocrazia - «ci sono voluti due mesi per ottenere il carrello motorizzato che consenta di portare nostra figlia a casa (un appartamento al terzo piano, senza ascensore)» - e le difficoltà «emotive e finanziarie».

Ma è sfiancata. I genitori si dividono tra l'appartamento che hanno dovuto prendere in affitto a Zivignago, vicino a Villa Rosa e la casa di Cles. Finora dall'assessorato non è giunta risposta: «La persona con cui ho parlato è stata gentile, mi ha detto che la mia email è stata girata ad altre persone, ma che non c'è ancora risposta. E che c'è il Festival dell'economia. Capisco tutto, ma mia figlia si sente abbandonata». E il padre, rivolgendosi alle istituzioni, chiede: «Ma se fosse successo a vostra figlia, cosa fareste?».

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