Tragedia / Il caso

Nessun responsabile per la morte di Michela Ramponi, nel fango di Dimaro

Nella notte di Vaia, in ottobre 2018, la sua casa fu travolta dall’esondazione del rio. Non c'è prova per i giudici che la realizzazione di specifiche opere, come la sostituzione delle briglie, «avrebbe senza dubbio evitato l'evento tragico»

DIMARO. La sera del 28 ottobre 2018, quando le case in località Ruina a Dimaro vennero spazzate via da un inferno di acqua e fango e dalle raffiche di vento della tempesta Vaia, in val di Sole accadde una tragedia imprevista e imprevedibile. Non ci sono dunque responsabilità penali per la morte di Michela Ramponi, inghiottita dalla colata di detriti nonostante il coraggioso tentativo del marito di sottrarre la consorte ad una morte atroce.

Il giudice Adriana De Tommaso ha disposto l'archiviazione del procedimento penale per su un'ipotesi di omicidio colposo che vedeva quattro indagati. Possono dunque tirare un respiro di sollievo il dirigente del Servizio bacini montani della Provincia Roberto Coali (difeso dall'avvocato Franco Busana); l'ingegner Silvia Franceschi (del gruppo di lavoro a cui la Provincia affidò l'incarico di redigere uno studio sui rischi idraulici del rio Rotian) difesa dall'avvocato Gianfranco Madeo; l'ex dirigente della Protezione civile della Provincia, Stefano De Vigili (avvocato Roberto Bertuol); il sindaco di Dimaro, Andrea Lazzaroni (avvocato Fabio Bonazza).

«Tutto quanto emerso dalle indagini e dalle risultanze dell'incidente probatorio - scrive il giudice nel decreto di archiviazione - non rende sostenibile l'accusa in giudizio». Per la giustizia penale il caso è chiuso nonostante la tenace opposizione della parte lesa, cioè del marito di Michela Ramponi, che attraverso l'avvocato Paolo Chiariello aveva sollecitato ulteriori indagini.

Quella notte drammatica - non solo a Dimaro ma in tutto il Trentino - la protezione civile non sottostimò il pericolo. «La gestione della fase emergenziale - sottolinea il giudice - non è risultata inficiata da errori» come ha stabilito anche il perito incaricato dal Tribunale di ricostruire la dinamica di quanto accaduto. Inoltre - ha scritto nella richiesta di archiviazione il pm Carmine Russo - «non era rilevabile alcun elemento di fatto che facesse ipotizzare l'imminenza di una colata detritica, elemento di fatto che compare soltanto alle ore 18 e 50 dello stesso giorno», quindi soltanto pochi minuti prima dell'evento, cioè della morte della povera Michela Ramponi rimasta imprigionata nel fango che aveva invaso la casa.

Quanto alle posizioni di Coali e Franceschi, difetta l'elemento soggettivo «per imprevedibilità dell'evento calamitoso in ragione della sua eccezionalità».

In particolare «si rimarca che il perito ha indicato alla base dell'evento dannoso il concatenarsi di tre principali situazioni, ovvero: la colata di grosse dimensioni innescata a quota 1.650 metri a monte della posizione delle briglie che ha liberato il volume trattenuto a tergo delle stesse, rendendo disponibili volumi aggiuntivi; la stessa concomitanza di tali situazioni determina la qualifica di eccezionalità dell'evento nel suo insieme, in aggiunta alla valutazione di ulteriori fattori, quali la successione in breve di due eventi meteorologici entrambi di entità, per pioggia caduta, superiore al normale, il picco di precipitazioni in corrispondenza della parte alta del rio, le raffiche di vento di entità fuori dal normale, dimostrate dallo sradicamento di 50 ettari di bosco sulla sommità del rio, il possibile cedimento di sbarramenti temporanei di vegetazione o detriti dai versanti, fattori tutti per i quali l'eccezionalità non può essere riferita a parametri specifici così come sostiene il consulente di parte opponente in relazione al tempo di ritorno dell'evento meteorologico in sé considerato che non sarebbe stato superiore ai 200 anni».

La tragedia poteva essere evitata? Secondo il perito pere di difesa idraulica si potevano realizzare ma con «un vero e proprio stravolgimento - si legge nelle motivazioni - della natura dei luoghi oltre ad un elevatissimo impegno economico, trattandosi quindi di interventi solo astrattamente praticabili». Non c'è prova comunque che la realizzazione di specifiche opere, come la sostituzione delle briglie, «avrebbe senza dubbio evitato l'evento tragico». Dunque per la morte di Michela Ramponi non ci sono responsabili.

 

 

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