Melinda mette il bavaglio ai consiglieri Riservatezza blindata con dure sanzioni
Il documento in Pdf gira da giorni sui telefonini dei soci delle 16 cooperative che fanno riferimento al Consorzio Melinda. Oggetto: «Regolamento sul funzionamento del Consiglio di amministrazione e dei comitati consultivi».
E, di whatsapp in whatsapp, il dibattito già caldo sul maxi piano di investimenti da 100 milioni (col rifacimento di Mondomelinda e di due sale di lavorazione) approvato a maggioranza dal Cda, sta diventato incandescente. Perché se questo nuovo regolamento verrà approvato, e pare che lo sarà presto, per i 4.000 soci che fanno riferimento al super consorzio potrà diventare difficile venire a conoscenza delle decisioni assunte dal Consiglio.
La bozza di Regolamento (la cui formulazione risale luglio-agosto) modifica infatti alcuni articoli importanti, da questo punto di vista. Innanzi tutto, l’articolo 7, che riguarda l’informativa consiliare e gli obblighi di riservatezza. Obblighi che esistono in ogni società e che, se sono del tutto comprensibili per quanto riguarda prestiti a clienti e soci delle banche o operazioni commerciali e finanziarie in divenire, lo sono meno quando si discute di investimenti, di colture, di liquidazioni, i cui effetti pesano sui conferitori.
L’articolo 7 viene comunque modificato, al punto 4, prevedendo che «salvo specifica decisione del Consiglio, da assumersi esclusivamente in casi particolari che rendano necessaria una diversa previsione, l’informativa a terzi su questioni che riguardino la società, così come i rapporti con gli organi di stampa, i media e più in generale i terzi, sono demandati in via esclusiva al Presidente, o in caso di sua assenza o impedimento comprovati, al Vice Presidente o al consigliere anziano. Al fine di consentire una corretta informativa ai soci, al termine di ciascuna riunione, il Consiglio definisce gli argomenti sui quali potrà essere data informativa ai soli consigli di amministrazione degli enti soci».
Insomma, il Cda di Melinda (magari persino spaccato, visto che da un anno prende molte decisioni 9 a 7) deciderà di volta in volta cosa potrà essere detto persino ai consigli di amministrazione delle 16 cooperative socie, che potrebbero essere quindi tenuti all’oscuro di alcune delibere anche rilevanti.
A margine della nuova formulazione del comma, una nota informa infatti che «non è prevista né la lettura del verbale (della seduta) ai Cda delle cooperative da parte del Presidente della cooperativa stessa, né la possibilità di lettura del verbale da parte dei consiglieri. Ciò per garantire la riservatezza sulle tematiche sensibili discusse dal Cda di Melinda». Ciò fatta salva «la definizione degli argomenti sui quali dare informativa ai Cda delle cooperative. La tutela dei soci è infatti garantita dall’operato del collegio sindacale e resta il diritto da parte dei soci di impugnare le delibere prese dal Cda di Melinda nel caso in cui esse siano lesive dell’interesse dei soci».
E, per essere certi che i “segreti d’ufficio” siano mantenuti, è stato studiato un severo sistema sanzionatorio. A questo proposito, il successivo articolo 8, al punto 6, stabilisce che in caso di violazione degli obblighi di riservatezza (art. 7), il Cda «è tenuto a irrogare» «in funzione della gravità del comportamento» una censura scritta o una censura scritta accompagnata da una sanzione pecuniaria di 2.000 euro; nel caso poi di tre censure scritte «emanate su approvazione della maggioranza del Consiglio», il Consiglio stesso deve procedere al «provvedimento di revoca dalla carica da sottoporre all’assemblea dei soci». Insomma, chi sgarra paga, eccome.
Ma c’è più di un problema: in Melinda, infatti, assemblea dei soci e Cda coincidono e sono formati dai 16 presidenti delle cooperative socie. Quindi, se l’amministratore che viene revocato dal Cda Melinda resta presidente della sua cooperativa (è evidente infatti che Melinda non può rimuoverlo), chi prende il suo posto nel Cda di Melinda? La risposta è che andrebbe modificato lo statuto del Consorzio e previsto che, in caso di revoca dalla carica di amministratore di un presidente di una cooperativa, subentri in sua vece il vicepresidente.
Le stesse sanzioni vengono previste anche per i membri dei Comitati Consultivi istituiti dall’articolo 10 per occuparsi di marketing, personale, qualità, sale di lavorazione e acquisti e assicurazioni. La “stretta” è totale, e più di uno parla di un vero bavaglio posto sulla bocca dei critici, che nell’ultimo anno sono aumentati: “possibile certamente in una Spa, ma in una cooperativa fatta da cooperative di agricoltori?”, ci si chiede. Insomma, se le Rurali sono al centro della bufera anche politica (dopo la fusione tra Trento e Lavis), non si dormono sonni tranquilli neppure nelle coop agricole.