Cles, stupiscono i Pink Floyd nonesi

di Chiara Smadelli

Suoni, luci, video, colori. Un concerto eccezionale, per celebrare uno dei gruppi più significativi del rock britannico. La Royal Mail, per il 50° anniversario dell’uscita nel 1967 di «The Piper at the Gates of Dawn», primo album dei Pink Floyd che nel mondo hanno poi venduto 250 milioni di dischi, ha dedicato alla loro storia dieci francobolli.

Un gruppo di musicisti di Cles e dintorni ha invece dedicato loro un concerto, riassumendo i loro decenni di attività, attraverso l’interpretazione di brani tratti da tutti i loro album.
Un concerto di alto livello, per la bravura dei musicisti e della numerosa squadra che li ha supportati curando luci, effetti, scenografie. L’apertura è affidata a immagini video, e sulle note registrate dei «veri» Pink Floyd entra in scena il gruppo.

Fin dalle prime note di «Astronomy Domine» i cinquecento spettatori (tutto esaurito da tempo, l’auditorium non ne può contenere di più) capiscono che non si scherza: pezzi studiati alla perfezione, accompagnati da fumi, luci, video, e poi si aggiungono tre coriste - Elisa Olaizola, Chiara Pancheri, Alessandra Bertagnolli - che sommano le loro voci a quelle dei chitarristi Gianluca Rossi, Nicola Pedron e Andrea Debiasi. Durante il concerto salgono sul palco anche i bambini del coro giovanile voci bianche della scuola musicale Celestino Eccher, per «Another brick in the wall» e la classica «Wish you were here», tenuta in serbo per il bis richiesto a gran voce, con lungo applauso e standing ovation, dal pubblico.

Niente è lasciato al caso: da mesi il gruppo lavora in sala prove, studiando coreografia e - soprattutto - musica. Il risultato è eccellente, grazie all’abilità alle tastiere di Massimo Faes e Marcello Depaoli (ideatore dell’evento, assieme al direttore artistico), la batteria di Claudio Torresani, il basso di Romano Benedetti, il sassofono e le percussioni di Giovanni Bruni e dei chitarristi sopra citati.

I musicisti attraversano tutta la storia discografica dei Pink Floyd (da «Green is the colour», dall’album «More» a «Fat old song» da «Atom Hearth Mother»). Interessante l’associazione della musica ai video proiettati, come in «Brain Damage» dove compaiono i volti dei potenti della terra (Trump, Putin, Saddam Hussein, Assad, Kim Jong-Un, Gheddafi?) mentre in «The Fletcher Memorial Home» le immagini propongono le vittime della loro follia.
I «front men» sono Gianluca Rossi, tecnica sopraffina, Andrea Debiasi, chitarra acustica e voce eccellente, e Nicola Pedron, giovanissimo, grande abilità tanto alla chitarra quanto alla slide guitar.
Per tutto il concerto non una parola, tutto è affidato a musica, video e luci. Solo al termine, prima dell’acclamato bis, Andrea Debiasi ringrazia tutti, dal pubblico alla squadra, con un ringraziamento particolare al direttore artistico Rosario Poletti, che dopo mesi di impegno, dal banco regia a fondo sala, ha supervisionato che tutto procedesse senza intoppi.
«Like Floyd» verrà riproposto al Palanaunia di Fondo il 3 gennaio e al parco Alla Torre di Coredo il 16 giugno.

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