Enologia / Ricorrenze

Donati, vignaioli dal lontano 1863: la Cantina festeggia i suoi primi 160 di attività. La storia

Dal fondatore Luigi all’attuale titolare Marco, e ora spazio alla sesta generazione: “Il primo vino prodotto dalla nostra famiglia? «In assoluto il Teroldego, e poi il Lagrein. C'è l'entusiamo di sempre, ora guardiamo al futuro”

MEZZOCORONAL'azienda agricola Donati a Mezzocorona quest'anno raggiunge i 160 anni dalla propria fondazione. Correva infatti il 1863 quando Luigi Donati acquisì un podere di proprietà dei Conti Spaur, stabilendosi così in quello che all'epoca era ancora poco più di un borgo medioevale, ma in cui l'attività vitivinicola era già ben radicata.

«Il mio antenato acquisì la tenuta comprensiva anche del casale e di un'antica torre nel mezzo. Non bisogna dimenticare che questa nasce come entità di maso con una torre franca, inserita nel sistema difensivo di Mezzocorona» rammenta Marco Donati (nella foto con la figlia), attuale titolare dell'azienda, nel mostrare l'esterno di quello che oggi è un maestoso palazzo seicentesco.

È documentato che in Piana Rotaliana, oltre alla vocazione alla viticoltura, per qualche tempo si allevano anche i bachi da seta, perché danno sostegno ai pergolati.

«Il mio antenato Luigi iniziò la propria attività di vignaiolo e vinificatore, ma per l'epoca aveva idee molto chiare e all'avanguardia - racconta il proprietario -. Per dare solo una piccola idea, nel 1911 è stata costruita una centralina elettrica per l'azienda. C'è da dire che lui aveva fatto anche la gavetta, commerciando con i bachi da seta. Quando non c'era ancora il treno, organizzava delle carovane per andare a Mantova dove c'era l'industria sericola».

Gli anni scorrono e l'attività passa di figlio in figlio «a cominciare da Giuseppe, figlio di Luigi, a mio nonno Marco, al mio papà Pierfranco, attualmente a me e quindi a mia figlia Elisabetta». E in questi ultimi decenni tutti hanno contribuito, portando nuovi valori.

«Mio nonno ha proseguito concentrandosi qui nella Rotaliana. Mio padre è stato invece uno dei primi imbottigliatori in Trentino. Sembra banale, ma non dimentichiamo che nei decenni precedenti la commercializzazione avveniva tramite botti e botticelle. Io, dopo gli studi a San Michele all'Adige e la laurea in enologia nel 1976 (nel 1975 avevo fatto il mio primo bianco), negli anni '90 assieme a mia moglie Emanuela ho intrapreso un progetto di zonazione andando a scegliere di coltivare dei poderi in diversi punti del Trentino con una logica ben precisa, coltivando cioè la qualità più vocata di quel territorio».

E la sesta generazione? «In questi anni è cambiato il modo di rapportarsi al mondo del vino. Mia figlia ha portato delle novità adattando la nostra tradizione alle esigenze del consumatore moderno, rinnovando cioè l'immagine e l'offerta dell'azienda, anche muovendosi verso nuovi mercati esteri».

Il primo vino prodotto dalla vostra famiglia? «In assoluto il Teroldego, e poi il Lagrein. Quando venne acquisito il terreno, già da secoli c'erano delle vigne in produzione. Sconfitta la filossera, si sono dovute fare delle scelte per tenere ciò che avrebbe ottenuto maggior interesse nel tempo».

Tutto questo lavoro, anche storicamente vi ha portato delle onorificenze. «Se andiamo a vedere, mio nonno negli anni '20 pianta i suoi vigneti. Ma già nel 1911 aveva ottenuto delle medaglie d'oro alle esposizioni nazionali a Londra, a Parigi, a Roma. Dello stesso anno è anche la nostra botte storica, prodotta in Carinzia, e in cui conserviamo molte bottiglie di quelle annate».

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