Il dramma / Albiano

Infarto in cava, muore operaio: un malore a soli 49 anni appena sceso dall’auto

La vittima è Abdelghani Fatih. Inutili i soccorsi immediati, prestati prima di tutto da un collega, Patrick Mattevi, che ha raccontato cosa è successo, insieme al titolare dell'impresa Franco Rampanelli. Abdelghani, addetto alle cubettatrici, era stato assunto il 1° marzo dalla ditta e aveva un contratto di prova di tre mesi

di Giorgia Cardini

ALBIANO. Ieri mattina prima delle otto, quando gli abitanti di Albiano hanno sentito il suono delle sirene e il rumore di un elicottero, hanno capito subito che era successo qualcosa. E infatti un dramma si era consumato poco prima nel piazzale di lavorazione della ditta Adarte srl, che ha sede nella zona vicina al Consorzio Montegorsa. Un operaio marocchino di 49 anni, Abdelghani Fatih, era morto stroncato da un infarto.

Inutili i soccorsi immediati, prestati prima di tutto da un collega, Patrick Mattevi, che ha raccontato cosa è successo, insieme al titolare dell'impresa Franco Rampanelli. Abdelghani, addetto alle cubettatrici, era stato assunto il 1° marzo dalla ditta e aveva un contratto di prova di tre mesi.

«Era bravo - dice Rampanelli - e molto volenteroso. Da tre giorni però era a casa perché non si sentiva bene». Sudori freddi e giramenti di testa, questi i sintomi che accusava l'operaio marocchino, secondo quanto riporta il titolare. «Ieri mattina però è venuto al lavoro, alle sette. Ma appena sceso dalla macchina si è accasciato a terra».

«L'ho soccorso subito, perché siamo arrivati quasi insieme - racconta Patrick Mattevi, ex volontario della Stella Bianca -. Quando ho parcheggiato l'ho visto in ginocchio, con una spalla appoggiata alla macchina e la testa reclinata. L'ho chiamato ma non ha risposto. Allora ho capito che era qualcosa di grave e ho cercato di rianimarlo, ma niente. Ho chiamato il 112 e iniziato il massaggio cardiaco con l'operatore che dall'altra parte teneva il tempo. Poco dopo sono arrivati i pompieri e l'elisoccorso, ma non c'è stato niente da fare».

Il medico arrivato con l'elicottero non ha potuto far altro che constatare il decesso. Sul posto sono giunti anche i carabineri di Albiano, per i rilievi, poi il corpo dell'operaio è stato portato nella cappella del cimitero del paese cembrano, in attesa di organizzare il rimpatrio.

«Ho chiuso la ditta e mandato a casa i quattro ragazzi che erano già lì, perché erano scossi», spiega il titolare dell'impresa che, oltre alla lavorazione del porfido, si occupa di arredi urbani. Ma dal racconto di Rampanelli emerge anche che l'uomo nei giorni scorsi si era rivolto ai medici.

A confermarlo è la sorella Fatimah, ieri pomeriggio ad Albiano: «Mio fratello non si sentiva bene ed era andato dal medico di base, dicendogli che si sentiva stanco. Il medico gli aveva prescritto degli integratori. Mercoledì aveva provato ad andare a lavorare ma le sue condizioni non erano buone e aveva fatto ritorno a casa. Giovedì si è deciso ad andare al pronto soccorso di Trento, per farsi vedere. È stato dimesso alle 14 con un codice verde», sottolinea.

Non aveva preso malattia, nei giorni di assenza, ma ferie. Perché? «Era in prova, aveva paura di essere licenziato», risponde Fatimah. Ma, va detto, non aveva nemmeno certificati medici per andare in malattia.

Ieri al dramma si è aggiunta anche la situazione kafkiana di un corpo deposto nella cappella cimiteriale di Albiano (dove non esiste cella frigo), che lì potrebbe restare fino a martedì, quando arriverà il nulla osta del medico legale al trasferimento. La famiglia, con l'aiuto di amici italiani e di Walter Ferrari del Clp («al cimitero non si sono visti né il titolare dell'azienda né altri», ha rilevato Ferrari), stava cercando ancora ieri sera di risolvere il problema.

Abdelghani, arrivato anni fa dal Marocco insieme a due fratelli che oggi vivono a Milano, abitava a Baselga di Pinè dal 2004 proprio con la sorella, che è in Italia dal 1997.

Qualche hanno fa, quando era tornato dal Marocco sposato con Imane, più giovane di lui di 16 anni, si era trasferito in una casa propria, ma restando sempre in centro. Lì la coppia aveva avuto due bimbi, ora di 3 e 6 anni.

«Era il marocchino più integrato di Baselga - racconta uno dei suo ex datori di lavoro, Lionello Leonardelli, sceso nel pomeriggio ad Albiano -. Lo si vedeva sempre al bar con gente di qui e parecchi anni fa era stato ribattezzato da una barista "Aldo", perché Abdelghani pareva troppo difficile. Così tutti lo conoscevano come "l'Aldo Maròc"».

«Aveva cambiato molti lavori - continua Leonardelli -, ma aveva lavorato soprattutto nel porfido, anche se due anni fa era in una falegnameria e l'anno scorso in un'altra ditta di posatori, rispetto a quella in cui era stato assunto quest'anno». A esprimere cordoglio per la morte improvvisa di Adbelghani "Aldo" sono stati ieri anche i sindaci di Albiano, Martino Lona, e di Baselga, Alessandro Santuari.

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