Politica / La storia

Ciclabile alla Galletta, poteva essere fatta 20 anni fa. I retroscena li spiega il Dirigente provinciale di allora: «svuoto il magazzino dei magoni»

Rodolfo Borga, Fiamozzi, Moser: con un finanziamento europeo già concesso si viaggiava a gonfie vele, e per convincere i contadini a non fare ricorsi si andava in càneva a sfidarli alla morra. Ma poi...

di Gigi Zoppello

ROTALIANA. Sindaci, assessori provinciali, fotografi e stampa al seguito, per inaugurare i (pochi metri di ) collegamento ciclabile fra Mezzolombardo e Mezzocorona. E’ stata come la caduta del muro di Berlino, solo che qui il «muro» era quello della galletta, l’invalicabile confine non scritto che divide i due campanili e sconfina nella faida secolare con i «brusacristi».

Una cosa il lettore da fuori si chiede sempre: possibile che questo collegamento non si potesse fare prima? Come mai ci si è arrivati solo nel 2022?

E’ illuminante la lettura di un lungo sfogo, pubblicato dall’architetto Pier Dalrì. Per chi non lo spesse, è stato Dirigente provinciale ed è il vero «papà» delle piste ciclabili in Trentino: quando nessuno ne  parlava e nessuno di credeva. Qui Dalrì ripercorre tutta la faticosa storia dell’opera, con un dato di fatto: poteva essere fatta e finita 20 anni fa. Ma invece no.

Scrive l’architetto: «Ricordo benissimo come fosse ieri, era circa venti anno ora sono o forse di più, sindaco di Mezzocorona era Mauro Fiamozzi, l’ assessore provinciale alla ciclabili Vecli ed io, dirigente del Servizio ripristino, mi occupavo di sviluppo della rete ciclabile. In quella occasione, non volli dimenticare la mia rotalianità e mi impegnai entusiasta, a perseguire anche per la mia zona progetti ed investimenti per assicurare la ciclopedonalità di una area che, seppur agricola, poteva di certo essere strategica per una conversione al cicloturismo e quindi ad una economia mista, pur se compatibile con una forte propensione agricola. Mezzocorona, sede di una strategica stazione ferroviaria, la prima in ingresso in Trentino dall Europa e per quanti volevano sperimentare ciò che andava di moda, un abbinamento che stava per essere promosso come stile di buona pratica ambientale nel mercato tedesco, bici più treno.

Di fronte alla stazione vi era poi ed ancora c’è (abbandonato) un ex albergo, il Donati, che qualche investitore illuminato lo poteva collegare a progetti integrati di turismo coordinato con le agenzie specializzate tedesche per una prima accoglienza, noleggio bici sede di guide e servizi di supporto promozione ed indirizzo per una settimana di cicloturismo in Trentino.

L’ idea – racconta Pier Dalrì –  fu immediatamente condivisa e sostenuta ,dal sindaco di Mezzolombardo Rodolfo Borga e di San Michele, Moser, come pure, in via personale da Mauro Fiamozzi di Mezzocorona pur subendo da sempre il suo status di espressione del mondo rurale e sindaco che seguiva e prendeva eredità di Conci Guido, passato dallo scranno di sindaco a quello di presidente della cantina di Mezzocorona.

In quel periodo, ricordo bene, sulle piste ciclabili si era aperto un grande e fervido dibattito fra chi le sosteneva e ne auspicava lo sviluppo e chi temeva invece che rubassero terreno coltivabile al Teroldego ed impoverissero la categoria dei coltivatori, non ancora pronti, tutti, ad una economia che contemplasse l‘agriturismo, il bed& breakfast e il contatto armonico con una filosofia di turismo compatibile e relazionabile con l’ambiente come poi avvenuto.

Rofolfo Borga ne fu entusiasta e ricordo che girò con me anche dai privati, dagli agricoltori, dai possidenti dei suoli interessati al percorso, per convincerli a favorire i progetti e non frapporre alcun ricorso e far sì che i tempi potessero così essere rispettati. Fu così che la Provincia di cui ero dirigente responsabile del progetto non perdette l ‘occasione di un corposo finanziamento europeo che era già assegnato, su
nostra richiesta, per la piana Rotaliana.

Il sindaco Moser di San Michele avanzò il sogno di collegare Grumo e San Michele con un ponte ciclopedonale, considerando la presenza dell’istituto agrario e del Museo degli usi e costumi, ma i fondi iniziali non erano sufficienti e di conseguenza si convenne di spostare l’opera in un secondo tempo.

Non si possono negare le difficoltà per convincere i privati a non fare ricorso all’opposizione legale, che avrebbe allungato i tempi ed annullato così la possibilità di un finanziamento certo.

Borga, avvocato, lo comprese bene e si prodigò di persona, ricordo che in alcuni casi mi invitò per sfidare alla morra un proprietario che cullava l’ idea di ricorrere per vie legali. Tutto sembrava procedere bene e ,sul tratto che riguardava Mezzocorona, risolti i problemi con i proprietari dei fondi agricoli prima della Galletta, pensavo che il progetto potesse proseguire, dal ponte fino alla stazione, visto che le aree di sedime dalla Galletta alla stazione erano già proprietà provinciale in quanto ex ferrovia dismessa e trasferita per statuto di autonomia fra i beni provinciali demaniali.

Il progetto poteva così essere integrato con investimenti di supporto a servizio del cicloturismo da parte di privati che avevano espresso interessi per una struttura dell’ex albergo Donati (ancora rudere abbandonato). Si – dice Dalrì – questo era il mio auspico e la mia convinzione, una quasi certezza. E mai mi sarei immaginato che ad una riunione conclusiva, nella sala di rappresentanza del comune di Mezzocorona, si presentasse l’avvocato Luca Rigotti, giovane laureato in legge e Consigliere della Cantina, il quale per conto della cantina Mezzacorona annunciava ricorso, in quanto le biciclette in transito sulla ciclabile avrebbero disturbato l‘accesso dei carri alla cantina e costituivano pericolo per la sicurezza.

La delusione – ancora la ricord –  fu traumatica ed indescrivibile. Io, di Mezzocorona, socio della cantina, ex consigliere, amante del mio paese come tutti coloro che vanno ad abitare per motivi di lavoro fuori zona, sposato con una di Mezzocorona, quel ricorso, presentato in quel modo, in quella circostanza ove si attendevano solo applausi e con quel silenzio assenso del Comune, in quel momento mi illuminò su come fosse profondo il solco delle diversità di veduta e mi rivolsi al sindaco Moser di San Michele assicurando in extremis il finanziamento del ponte se entro quindici giorni produceva un progetto per non perdere il finanziamento europeo che poteva essere speso solo entro i perimetri del progetto di ambito originale o perso in via definitiva.

Oggi, giorno inaugurale di un opera pensata e progettata quasi trent’anni fa, svuoto il magazzino dei magoni tristi, nella speranza che chi in quel tempo non ebbe lungimiranza e visioni di prospettiva abbia il coraggio di chiedere scusa e di imbarazzarsi un po’.

Se tutto ciò accade, se la felicità per una opera inaugurata porterà questi frutti, si potrà dire spero “meglio tardi che mai!” E pure io, che sono stato censurato malamente molto tempo fa , pur consapevole che a volte la memoria è corta, ho ritenuto di ricordare tutto ciò per là storie per rendere onore a chi ci credette, chi non c’è più e chi ha finalmente cambiato parere! Buona inaugurazione, ma di esserci non me la sento!» conclude Dalrì.

E qui finisce la partita ciclabile.

Sarebbe bello, un giorno, leggere anche il racconto di qualche altro dirigente provinciale suo collega su una situazione molto simile: quella della “Tav” che secondo il progetto originario delle Ferrovie doveva passare in Rotaliana e proseguire in Destra Adige. Ma che dopo una cena di sindaci con l’allora assessore provinciale, fu spostata sul lato della Marzola per non disturbare il Teroldego (ufficialmente, per «problemi idrogeologici»). E se oggi stanno per partire gli abbattimenti di case a Trento, e il grande cantiere sulle aree velenose della Sloi, lo dobbiamo anche a quella serata «speciale» pre-elettorale di oltre 20 anni fa. 

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