Mezzolombardo ricorda oggi il bombardamento del 1945 che fece sei vittime

Oggi sarà la ricorrenza della «Festa del voto», per ricordare le vittime del bombardamento avvenuto nella seconda Guerra mondiale. Quest’anno cade il 75° di quel tragico evento dell’8 aprile 1945 e le celebrazioni, causa il Lockdown della scorsa primavera, sono state spostate all’8 settembre. Era la domenica successiva a quella di Pasqua del ‘45, quando verso mezzogiorno una squadriglia americana, composta da sette «Fortezze volanti», sganciò 42 bombe sul paese causando la morte di sei abitanti e il ferimento di altre decine di persone.

Guido Dalrì, classe 1934, ricorda benissimo quel tragico giorno e questa sera consegnerà all’arcivescovo Lauro Tisi, che celebrerà la messa nella chiesa parrocchiale, una brochure nella quale descrive ogni istante del bombardamento. «Era una splendida giornata di sole - racconta Dalrì, sfuggito miracolosamente alla morte - e quando gli aerei americani sorvolarono Mezzolombardo ero con i miei amici: eravamo tutti ragazzini ed io avevo dieci anni. Giocavamo nelle campagne, alla ricerca delle eliche che si staccavano dalle bombe prima di esplodere. Arrigo Wegher, una delle vittime, ci intimò di raggiungere il rifugio; ci dirigemmo verso un altro rifugio in costruzione, nella proprietà Malfatti. Mi sedetti su alcuni massi all’esterno del rifugio e dietro di me c’era Maria Luisa Zenari, di 12 anni. Teneva le ginocchia appoggiate sulla mia schiena ed io ero intento a giocare con una delle eliche appena trovata nelle campagne. Maria Luisa mi chiese se le prestavo l’elica e, improvvisamente, sentimmo una specie di enorme fruscio, un sibilo inquietante proveniente dalla collina dei Nessler, un vigneto coltivato dalla famiglia di Giovanni Dalrì. Vidi un mostro scuro venire verso di me e successe tutto in pochi secondi: c’era un gran polverone e quando la nuvola si dissolse vidi Maria Luisa a terra, decapitata da una bomba. Mio padre mi afferrò per un braccio e mi trascinò via. Poco più in là, a terra, c’era pure mia cugina Ida Pallanch, ferita. In una manciata di secondi, in quella desolazione, ebbe per sempre fine la mia infanzia».

Il racconto di Guido Dalrì prosegue con l’orribile vista di tre corpi dilaniati dalle bombe sul muro di casa Kaisermann (Paolo, Camillo e Dario Kaisermann), poco distante dal rifugio. «Avanzando lungo la stradina notai a terra anche il corpo squarciato di Arrigo Wegher, colui che ci aveva avvisato del pericolo pochi istanti prima del bombardamento, e Silvio Paternoster, finito su delle fascine di legna, che invocava aiuto». I morti e i feriti furono trasportati con carriole e carri agricoli all’ospedale San Giovanni e si contarono pure le bombe cadute in località Calcare, di cui molte non esplose: ben 48. Guido Dalrì, dopo 75 anni trascorsi da quel giorno tragico, non sa ancora quale santo del Paradiso ringraziare.

E anche questai sera vorrà ricordare ancora quei morti, come fece nel 2007 quando nella caserma dei vigili del Fuoco, che Dalrì dopo decenni di appartenenza al Corpo di Mezzolombardo come capo plotone frequenta ancora per dare una mano in ufficio e in magazzino («È la mia seconda casa» dice), organizzò una analoga cerimonia con la partecipazione dell’allora vescovo Luigi Bressan.

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