Rurale, soci contro la fusione Depositato il ricorso «Assemblea da annullare»

di Nicola Baldo

L’obiettivo è puntato lì, sull’assemblea della Cassa Rurale di Lavis, Mezzocorona e Val di Cembra, andata in scena lo scorso 22 novembre.
Un’assemblea da annullare secondo i soci «ribelli» che si oppongono alla fusione con la Cassa Rurale di Trento, a causa delle discusse modalità di voto e di altre irregolarità.

Una serie di considerazioni, video e foto che questa mattina saranno raccolte in un ricorso presentato al Tribunale di Trento. Un’iniziativa civilistica presentata da questo gruppo di soci per arrivare ad impugnare la delibera che dava, dopo quell’assemblea, il via libera alla fusione con Trento. Adesso la palla passa al Tribunale, con una tempistica ancora ovviamente incerta. Visto che il ricorso presentato è d’urgenza i soci «ribelli» puntano ad ottenere a breve una sospensiva che, di fatto, quantomeno rinvierebbe la fusione fra i due istituti di credito presumibilmente al prossimo 1 luglio. Ottenendo così il tempo materiale per svolgere una nuova assemblea che, secondo quanto riportato dai soci in questo ricorso, possa svolgersi con tutti i crismi del caso.

Nei giorni scorsi è stata ampiamente sfondata quota 315 firme, pari al 5% del numero totale dei soci della Cassa Rurale di Lavis, Mezzocorona e Val di Cembra, quorum necessario per poter presentare questo ricorso avverso ad una delibera. E con i tempi che, in caso di fusione, sono ancora più stretti del normale, per questa fetta di soci (ed ormai anche qualche ex socio) è stata una vera e propria corsa contro il tempo. Tant’è che i termini per presentare questo esposto scadono proprio oggi, ma per raccogliere le 315 firme necessarie sono bastati pochi giorni fra l’oratorio di Mezzocorona e lo studio del notaio Gregori a Mezzolombardo.

Sul tavolo ora il Tribunale del capoluogo si trova tutto il materiale inerente a quella sera a Mezzocorona. Dove al centro di tutto ci sono le paventate irregolarità che, secondo i «ribelli», porterebbe ad un annullamento della stessa delibera di approvazione.
Ad iniziare dall’ingresso senza controllo alcuno che ha permesso anche a non soci di partecipare all’assemblea, per arrivare alla gestione dei rientri forzati subito dopo il voto per, di fatto, rendere impossibile ad alcuni soci di registrare la propria contrarietà. Per giungere alle modalità delle votazioni, contestatissime anche sul posto in quella stessa serata, nella quale le operazioni di voto andarono avanti fin quasi a mezzanotte e mezza.

Contestata la nomina di un solo scrutatore e la modalità dell’alzata di mano, ma con registrazione dei soli contrari. Secondo quanto riportato in questo esposto, paradossalmente, alla fine avrebbero vinto i no. Come mai? Perché il regolamento dice che quello che fa fede nelle votazioni è l’alzata di mano, ma di fatto nessuno ha contato le mani alzate, nemmeno i dipendenti predisposti a farlo (senza essere nominati scrutatori, come sottolineano i soci). In quanto in mezzo ad un auditorium pieno, in pochi secondi, riuscire a contarli tutti è impossibile. Il fatto di registrare poi il proprio nome è, sempre secondo il contenuto di questa delibera, solamente un aspetto secondario e non vincolante al risultato delle votazioni. Di conseguenza, se nessuno ha contato le mani alzate, si devono tener conto solamente dei voti registrati e così avrebbe stravinto il «no alla fusione» con il 99% dei voti e cinque astenuti.

Si va, insomma, in punta di diritto per dimostrare che quella assemblea è stata irregolare e, di conseguenza, il provvedimento di fusione deve essere annullato. Oltre a questa lista di presunte irregolarità, vi è un altro «asso nella manica» che i «ribelli» sono pronti a giocare. Ovvero mancherebbe, come invece previsto dalla legge, l’autorizzazione scritta della Provincia a questa fusione. Nella documentazione non ve ne è traccia ed il parere di Piazza Dante, che su questo tema ha la competenza, è vincolante: senza non si potrebbe procedere alla fusione. Ed a proposito di Provincia, si sussurra che ieri il tema di questo ricorso sia stato anche al centro di diversi discorsi in consiglio provinciale.

E la Cassa Rurale cosa farà ora? Aspetterà il pronunciamento del Tribunale oppure farà slittare, di sei mesi appunto, l’atto di fusione fra le due casse che dovrebbe essere sottoscritto negli ultimi giorni del 2019 per partire poi da Capodanno con la nuova realtà?

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