Gran festa per Ines e Ida coppia di centenarie

di Patrick Zeni

Il paese di Calavino è terra di centenari e centenarie dalla tempra granitica a dir poco invidiabile. E la doppia cifra anagrafica potrebbe impressionare anche senza aggrapparsi a frasi ad effetto che enfatizzano la notizia. D’accordo, il dolce fardello dell’età tonda che più tonda non si può racconta sì di storie di vita personale ognuna con condita di curiosità e aneddoti, ma esse appartengono per forza di cose anche alla vita di una comunità.

Ne sono un esempio le signore Ida Depaoli e Ines Pedrini che hanno salutato in pubblico, con immutata forza interiore e brio da vendere, la loro centesima primavera ricevendo meravigliate anche gli auguri del sindaco Michele Bortoli. Venute al mondo qualche mese prima dell’annessione del Trentino al Regno d’Italia – entrambe in quel di Calavino – hanno brindato al loro compleanno (l’una il primo di maggio, l’altra undici giorni dopo) attorniate dall’affetto dei loro familiari e da mille sorrisi di conoscenti di vecchia data e di semplici compaesani. Immancabile la celebrazione eucaristica officiata da don Luigi Benedetti con preghiere allietate dalla voce celestiale della soprano Isabella Pisoni accompagnata all’organo del maestro Tarcisio Battisti prima di lasciare spazio al lauto convivio consumato nei locali del Circolo pensionati Alcide De Gasperi. A fare gli onori di casa, il coriaceo presidente Adriano Bortoli omaggiandole della tessera di socio onorario alla presenza di don Luigi Panzera e di una ristretta cerchia di amministratori comunali.

Frastornate dall’infinità di attenzioni nei loro confronti e visibilmente emozionate, Ines e Ida, che ancora a tutt’oggi vivono autonomamente in casa, hanno ripercorso l’inesorabile volgere dei decenni, passando dalla miseria al benessere diffuso, ma non senza una punta di nostalgia. Da sempre ligie ai doveri domestici e ambedue di alte virtù evangeliche, ne parlano con vivacità: la prima, mamma di Carmen, Ferruccio e Letizia, nonché bisnonna, rimembra le gioie e i dolori ai tempi della fienagione e dell’allevamento dei bachi da seta quando «anche se poveri si viveva meglio e più contenti»; la seconda, convolata a nozze nel 1940 con Tullio Zambarda da cui discendono Ezio, Lucillo e Tullia, porta impressi sulle mani rugose i segni del lavoro della terra, mentre la passione per l’orticoltura le scorre ancora come un tempo nelle vene. Ora, venuto meno il verde degli anni resta quello della speranza di vivere in salute e lontane dalla solitudine. Davvero una grazia.

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