Lona Lases, la Anesi srl non può più lavorare

di Giorgia Cardini

La Anesi srl non potrà più lavorare sul lotto numero 4 di Pianacci. Hanno retto alla prova del giudizio i provvedimenti con cui il sindaco di Lona Lases Marco Casagranda ha dapprima sospeso (il 12 ottobre 2016) e poi revocato (il 10 gennaio 2017) alla società la concessione staccata nel 1998: il Tar di Trento ha infatti dichiarato improcedibile il ricorso contro la sospensione e ha respinto, giudicandolo infondato, quello contro l’ordinanza di revoca.
 
Il Comune aveva assunto le decisioni dopo che il Tribunale di Trento aveva rinviato a giudizio l’amministratore unico della Anesi srl, Mario Giuseppe Nania, imputato di estorsione e truffa aggravata nei confronti proprio del Comune, parte offesa. Una vicenda legata a quanto accaduto nell’estate 2014 quando, secondo l’accusa, Nania avrebbe costretto cinque dipendenti «a firmare una dichiarazione con la quale attestavano sotto la loro responsabilità di aver ricevuto tutti gli stipendi loro dovuti fino al mese di giugno 2014», sotto la minaccia di licenziamento. L’imprenditore avrebbe in tale modo evitato proprio la sospensione e revoca della concessione «per inadempimento delle condizioni del disciplinare di cava»: il Comune aveva infatti già diffidato l’impresa a provvedere al pagamento delle spettanze agli operai per il 2013 e 2014.
La truffa aggravata si riferisce invece al fatto di avere fornito al Comune di Lona Lases una documentazione falsa circa il materiale grezzo scavato, versando quindi un canone inferiore. Da qui un «ingiusto profitto» per cui, lo scorso 22 dicembre, assieme a Nania, è stato rinviato a giudizio anche Giuseppe Battaglia, in qualità di legale rappresentante ad acta della Anesi srl.
 
Nonostante la società abbia rappresentato al Tar come illegittimi i provvedimenti firmati dal sindaco, asserendo che «la mera pendenza di un procedimento penale non può produrre effetti pregiudizievoli, stante la vigenza del principio di non colpevolezza, e ciò deve valere anche in presenza di una richiesta di rinvio a giudizio» e contestando «l’errata convinzione che una richiesta di rinvio a giudizio sia sufficiente per far venir meno il rapporto di fiducia tra concedente e concessionario», i giudici amministrativi hanno invece considerato fondato il secondo provvedimento, dichiarando improcedibile il primo (la sospensione della concessione) perché di fatto superato dalla revoca intervenuta in gennaio.
 
Una revoca che il Tribunale amministrativo ha qualificato piuttosto come di «decadenza sanzionatoria», in applicazione degli articoli 26 e 28 della legge provinciale 7/2006 che disciplinano appunto i casi di sospensione e revoca delle concessioni per violazioni di norme del disciplinare di cava, di norme relative ai contratti di lavoro, previdenziali, eccetera. Per la sentenza, l’amministrazione di Lona Lases era di fatto vincolata ad assumere questi provvedimenti «per effetto dell’accertamento operato in sede penale», e per la «reiterazione di una condotta antigiuridica da parte del concessionario, che ha solo rafforzato l’obbligo di disporre la decadenza della concessione».
 
Quanto alla competenza del sindaco (contestata sostenendo che il provvedimento avrebbe dovuto essere adottato dalla giunta comunale), il Tar ha dato ragione alla Anesi ma ha concluso che l’ordinanza non avrebbe potuto essere differente se fosse stata adottata da altri, perché comunque il suo contenuto era obbligato dall'applicazione dell’art. 23 comma 3 del disciplinare di cava.
Sul caso (l’Adige del 17 marzo) si è per altro acceso un forte scontro istituzionale tra il vicesegretario Marco Galvagni e i Comuni associati, in relazione agli intrecci societari e ai conflitti d’interesse anche interni alle amministrazioni, denunciati proprio da Galvagni istruendo le pratiche per resistere ai ricorsi al Tar.

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