Allevamento / Il caso

Diciassette pecore morte seppellite in riva al lago: indagini a Nambino

Come negli anni scorsi, allevatori senza scrupoli portano in quota animali vecchi e malati solo per prendere i contributi europei. E quando le bestie muoiono, si dà la colpa al lupo. Il sindaco: «Niente allarmismi, ma è un problema anche per le fonti dell’acquedotto»

di Giuliano Beltrami

PINZOLO. Non c'è due senza tre. Ed è la terza volta che sui monti di Rendena si verificano morti plurime di pecore. Tre anni fa toccò alla val di Borzago, in quel di Spiazzo, l'anno scorso a malga Nambino (proprietà dell'Asuc di Fisto, comune catastale di Pinzolo) e quest'anno pure.

Il malessere della pubblica amministrazione aumenta, così come il disagio fra gli allevatori, che vengono presi di mira dall'opinione pubblica a causa di pochi personaggi dai comportamenti scorretti. E se in val di Borzago erano protagonisti allevatori esterni alla valle, nei due casi di Nambino sono implicati allevatori nostrani, una delle ragioni per cui proprio fra i protagonisti della zootecnia rendenera sono nati contrasti degni di ben altri paralleli.

Cosa succede? Il problema è quello di sempre. Ci sono allevatori che prendono in appalto malghe dei Comuni o delle Asuc (Amministrazioni separate uso civico), poi devono monticarle se vogliono prendere i fondi dei titoli europei. I problemi nascono quando detti allevatori non hanno bestiame sufficiente per utilizzare la malga. Allora che fanno? Acquistano le pecore da mediatori e commercianti in giro per l'Italia e le portano all'alpeggio.

O meglio, vorrebbero portarle. Il bestiame costa. A meno che... Non sia carne da macello, vecchia o malata.

L'anno scorso (tanto per ricordare) scoppiò il contrasto fra un pastore e l'appaltatore con rescissione del contratto da parte del secondo perché il pastore si era rifiutato di portare il gregge in quota prima che si procedesse con il risanamento degli animali. Era un gregge proveniente da Perugia, composto da scarti di allevamenti da latte con varie patologie. E le pecore morirono.

Per la verità la colpa fu data ai lupi, ma ci fu più di un dubbio, tant'è che dalle autorità non vennero evidenze certe.

E quest'anno? Arriva in Rendena di un gregge per alpeggiare a malga Nambino. Messi sul chi va là dalle esperienze passate, i Forestali sono intervenuti per controllare la salute degli animali, e hanno fermato il gregge prima che salisse in quota: infatti la malga non è ancora monticata.

Ora ecco la notizia: parecchie di quelle pecore (com'era prevedibile) sono morte, e a quanto pare sono state sepolte in montagna, rischiando di danneggiare alcune sorgenti del Comune di Pinzolo. «Attenzione - avverte il sindaco Michele Cereghini - prima di dare notizie allarmanti. Stiamo facendo le verifiche con i vigili per capire se corrisponda al vero l'informazione che abbiamo ricevuto dalla Forestale. E' chiaro che come primo compito abbiamo quello di tutelare le nostre sorgenti. E' un problema di sanità pubblica».

Esattamente un anno fa fece scalpore fra i turisti che soggiornavano a Madonna di Campiglio quell'elicottero che volteggiava nel cielo con 17 carcasse di pecora appese all'esterno per essere trasportate a valle.

Si vede che stavolta la preferenza dell'azienda zootecnica è andata alla tumulazione. Il sindaco Cereghini, pur invocando la prudenza, ieri pomeriggio ha emanato un'ordinanza secca in cui, constatata la presenza di «17 (toh, torna il 17, ndr) carcasse di ovini interrate in prossimità del lago di Nambino, nelle immediate vicinanze delle acque superficiali», verificata dai codici identificativi la proprietà delle pecore («l'impresa individuale Haflinger Brenta di Alimonta Samuele di Spiazzo»), ordina «di provvedere entro 48 ore allo spostamento e successivo smaltimento». Una curiosità: le carcasse vanno rimosse entro 48 ore, ma l'azienda può presentare ricorso entro 60 giorni. Va a capire le italiche normative.

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