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Gagliardi, il Forrest Gump delle ultramaratone: a 73 anni si fa ancora le «cento chilometri»

Ex musicista. Ex corridore di rally. Ha partecipato per 31 volte alla «Cento chilometri del Passatore», dopo il Covid ha ripreso a macinare chilometri. E tutto questo gli insegna la filosofia del vivere

di Giuliano Beltrami

STENICO. Quando si dice la capacità di reinventarsi... Te la spiega Francesco Gagliardi, cremonese d'origine, classe 1949, residente a Stenico, che fra i gagliardi c'è di nome e di fatto. Da giovane faceva il musicista. Poi, dopo i 23 anni, ha optato per altri suoni.

Gli insensibili (ci scusiamo con loro) li tratterebbero da rumori, visto che si parla di motori: guidò macchine da rally. Infine, con l'età della maturità, e soprattutto della paternità, ha deciso di sentire altri suoni, altri rumori: le scarpette che picchiano sui sassi dei sentieri, il canto degli uccelli mentre attraversa il bosco, la campana del villaggio che ti lasci alle spalle...

Il nostro è un eccesso di romanticismo? Può darsi. Ma non sappiamo come altro immaginare Francesco, diventato podista. Attenzione, non maratoneta, tiene a rimarcarlo: podista. Le sue corse sono molto più che maratone. Per dirne una: ha tagliato il traguardo ben 31 volte alla "Cento chilometri del Passatore". Per chi non la conoscesse, è una gara che attraversa l'Appennino fra Firenze e Faenza in nome di quello che il popolo chiamava "passator cortese", un eroe ottocentesco.

Gara... Sbagliato. Corsa. Così Francesco vuole che sia chiamata. «Il muoversi è la base di ogni sport: è la base della vita. Il Passatore è la competizione più democratica, in quanto ti trovi con l'operaio, l'ingegnere, l'avvocato e il primario ospedaliero, tutti lì a omaggiare un rito primordiale: muoversi per mantenere la salute, cioè la 'voglia' di vita».

Il "Passatore"? «È come la Milano-Sanremo per i ciclisti - sbotta Gagliardi - con una differenza fondamentale: quella è per i professionisti, questa è per tutti».

Nel 2022 ha partecipato per la trentunesima volta. Nel 2019 aveva esibito con orgoglio in Piazza del Popolo a Faenza, il piatto con la dicitura «Per 30 Volte IO C'ERO». Poi è arrivato Sua maestà il Covid, e fermi tutti.

Quest'anno si è ripreso."30 per adèss!", aveva esclamato con il piglio lombardo, consapevole di essere uno dei pochissimi ad avere tutti i piatti di "Io c'ero", ma anche convinto di andare oltre.

Non per fare gli uccellacci, non ci piace. Ma facciamo notare che il tempo passa. «Il tempo, questo conosciuto, ma anche sconosciuto parametro della nostra vita», riflette. E poi: «Condiziona giornalmente la nostra esistenza, e negli ultimi decenni si è fatto sempre più incalzante e predatorio del nostro esistere. Il camminare aiuta a vivere il tempo in maniera diversa, a prendersi il tempo, ad accettare i limiti di chi vive sulla terra. In definitiva a rassegnarsi ed accettarsi».

Pausa. Poi filosofeggia: «Noi siamo solo alberi recenti di un bosco antico, e quindi riscopriamo senso nei ritmi della natura».

Certo, per uno che ha guidato macchine da rally, una bella conversione. «Dalla frequentazione della natura - risponde Francesco - ci arriva la serenità che consente il disincanto e l'emozione per le piccole grandi cose della vita». E si avventura nell'antica Grecia con i due termini per definire il tempo: «Krònos e Kairòs». Capiamo di rischiare l'abbassamento del livello, ma possiamo passare oltre? No, non perché parte dei nostri lettori non ha fatto il classico, ma perché lo spazio...

Gagliardi, cortesemente, cambia registro, ma nemmeno tanto. «I tre gesti che non si possono recuperare? La pietra: quando l'hai lanciata non torna indietro. La parola: quando l'hai proferita... Il tempo: quando l'hai perso l'occasione è sfumata».

Bene. Tornando alla passione? «Essere passisti e non velocisti è importante: la pazienza è la virtù dei vecchi, mentre i giovani bruciano il tempo È seguendo la mia impostazione ludico-motoria che sono riuscito a fare 31 Passatore».

E mica solo quella! Francesco Gagliardi sgrana la collana delle corse cui ha partecipato: 132 chilometri a Piacenza; 337 in 8 giorni in Friuli; e si potrebbe andare avanti, a Pontremoli, Santa Maria Capua Vetere, Portogallo: sono storie di soddisfazione, ma anche di vesciche ai piedi, uragani, acido lattico, fame...

E anche paura. E solidarietà. «Perché può capitare, è capitato di non finire una corsa per aiutare un collega che stava male. Questa - conclude Francesco - è la corsa del podista e non del maratoneta».

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