Chiuso per sempre il bazar di Santa Croce del Bleggio: era lì dal lontano 1949

di Denise Rocca

Lorenzo Iori e la moglie Liliana Caresani hanno deciso di chiudere i battenti del loro bazar-edicola a Santa Croce. Loro potranno godersi nipotini, famiglia e tempo libero, ma il paese perderà uno degli storici punti di ritrovo e socialità. A fianco della maestosa Pieve di Santa Croce, al culmine della retta che sale verso il paese, il bazar è stata una presenza costante e vivace negli ultimi 70 anni: ricavato in quello che una volta era uno stabile collegato alle attività della Pieve, tutt’oggi di proprietà della parrocchia locale, il bazar esisteva già prima del 1949, quando la famiglia Iori lo rilevò. I capostipiti Dario e Luigia, “Gigiotta” per tutti, hanno gestito la bottega con la figlia Filomena dall’inizio; poi l’ingresso nell’azienda di famiglia dell’altro figlio, Lorenzo, con la moglie Liliana, che ha affiancato Filomena.

Il 31 dicembre, a poche ore dal nuovo anno, Lorenzo e Liliana hanno salutato i loro clienti con un brindisi, circondati dalla famiglia e dai nipotini che scorrazzavano fra il negozio ed il retrobottega, immaginando mondi con gli scatoloni delle merci.
Nel 1949, all’inizio dell’avventura imprenditoriale della famiglia Iori, la bottega era la Manifatture - Bazar - Confezioni: la scritta rossa faceva bella mostra di sé sulla facciata dell’edificio, come si usava allora. La merce era la più varia: in un tempo in cui alle famiglie appena uscite dalla guerra e da un’economia di sussistenza mancava ogni cosa, il bazar forniva tutto quello che si poteva comperare per la casa e i figli.
«La Santa Lucia - spiega Lorenzo Iori - fino a una quindicina di anni fa si faceva qui. All’inizio mio papà Dario portava i regali a domicilio: i genitori venivano nei giorni precedenti, comperavano i giocattoli, e poi li lasciavano qui, così che non fossero scoperti». E poi c’erano materassi e corredi da letto - Dario riforniva anche gli alberghi di Riva del Garda - al bazar ci si faceva la dote per il matrimonio e perfino per gli abiti da sposa ci si rivolgeva qui: «Gli sposi venivano in negozio - spiega Liliana - li si accompagnavano a Trento, poi si faceva arrivare il vestito qui».
Anche negli anni Duemila, quando il commercio era ormai da tempo diventato specializzato ed il termine bazar è andato a identificare più che altro i “nuovi” negozi dal sapore e dalla gestione orientale, il negozio di Santa Croce è rimasto intatto nella sua essenza fatta di liquori, stoviglie, giornali, giocattoli, vestiti per bambini, pigiami e biglietti di auguri: caldo e accogliente grazie alla variegata allegria che porta con sé un set di bicchieri visibile in mezzo alle scatole di Lego, separato dalle figurine e mezzo nascosto da una pila di giornali. Nella bellezza di riuscire quasi sempre a proporre il regalo giusto, il bazar ha navigato il tempo e le mode, oltre la crisi e le grandi piattaforme digitali, gestito con amore e passione. Alla festa di addio sono arrivate le clienti affezionate, più d’una si è commossa alla chiusura del vecchio negozio. «Gli anni d’oro sono stati gli anni Settanta e Ottanta - ricorda Liliana - lì si vendeva molto, le famiglie avevano bisogno e spostarsi non era così facile, soprattutto dalle valli. Quindi qui al bazar si facevano arrivare le merci che venivano dalla città. Poi sono cambiate molte cose, ma noi siamo stati bene». Erano i tempi in cui di macchine se ne vedevano ancora poche da queste parti, e nonno Dario scorrazzava per la valle consegnando merci di ogni genere. «Mi mancheranno le amicizie, le chiacchiere con le clienti - spiega Liliana - il bazar è sempre stato un posto di confidenze e ascolto: si va a fare la spesa, si passa di qui a prendere il giornale, magari si beve anche un caffè e ci si parla».

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