Da Saigon a Tione: la storia di Phoung, futura chef

di Giuliano Beltrami

Phuong ha occhi grandi e lunghi capelli neri; ha la voce di un cardellino ed il fisico di un'adolescente. Il carattere... Beh, quello è tenace e determinato, caratteristica del suo popolo. Appena laureata, ha iniziato ad insegnare, ma con un chiodo fisso: «Devo mettere via i soldi per andare in Italia». E una volta raggranellato il denaro non ha esitato a mollare il lavoro per salire sull'aereo e giungere in una terra sconosciuta. Obiettivo: studiare per portare a casa una nuova professione.
Phuong è di Saigon, Vietnam, oggi terra ignorata dalle cronache (perché la normalità viene ignorata), ieri (mezzo secolo fa) difesa nel resto del mondo, offesa in casa sua. Difesa nelle piazze dai giovani che invocavano i nomi dei suoi leader Ho-chi-min e Giap, offesa dalla guerra. Terra a suo modo eroica, capace di sconfiggere in rapida successione prima i francesi e poi gli americani; capace di sopravvivere ai bombardamenti al napalm che bruciarono intere foreste. 

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Ma questo fa parte del passato, che i giovani hanno sentito solo raccontare, ammesso che si raccontino ancora certe cose. Quattro anni fa, a ventidue anni, con una laurea in tasca di economia domestica, Phuong decise di partire da Saigon per venire in Italia. Decise di volere un diploma di cuoca. Giunse così a Tione. Tione? Già, perché sarà pure periferia del mondo, ma è la dimostrazione che anche nelle periferie esistono le eccellenze. Qui c'è una scuola alberghiera che organizza i corsi di alta formazione. E Phuong, che dell'italiano aveva appena i primi rudimenti imparati sui libri nel tempo lasciato libero dal lavoro, ci si iscrisse. Prima, per la verità, ha fatto un periodo di preparazione per apprendere la cucina base, così da sottoporsi all'esame di ammissione. Ora, dopo due anni, ha ottenuto il diploma. 

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Perché Tione? Certo, per la scuola, ma anche per un altro motivo. Nel capoluogo delle Giudicarie abita un amico della famiglia di Phuong: Tung, che meriterebbe da solo un racconto epico per il modo in cui arrivò nella nostra provincia una trentina d'anni fa. Erano i tempi dei «boat people» (anche questi oggi dimenticati), quando molti vietnamiti del sud fuggirono sulle barche dopo la vittoria comunista del Vietnam del nord e dei vietcong. Fuggirono per approdare nelle terre della democrazia e della libertà. La barca di Tung e di altri disperati come lui cercò di approdare sulle coste della Malesia, ottenendo rifiuti, finché trovò una nave umanitaria. Ma l'abbiamo detto, questo è un racconto che merita il suo spazio.
Phuong ha un sogno: portare la cucina italiana in Vietnam. «Prima di tutto voglio farmi un'esperienza qua in Italia, poi voglio tornare ed aprire un ristorante e magari una struttura per diffondere la cucina e la cultura italiana in Vietnam».
Scuola a Tione, esperienza a Brescia, dove abita insieme al suo ragazzo. Italiano? «Sì». Bisognerà vedere se riesce a portarlo con lei a Saigon... «Siamo già stati insieme quest'estate - rassicura Phuong - e a lui è piaciuto tanto tanto. Si è trovato bene anche con la mia famiglia». 

La prima parte del sogno si è realizzata. Il futuro dirà se Phuong riuscirà a portare la cucina italiana a Saigon. E questo non è più un semplice sogno: è un progetto di vita.

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