Tione, protesta in piazza contro l'ospedale ridotto

di Denise Rocca

In mezzo al piazzale dell’ospedale di Tione campeggiavano ieri sera tanti striscioni, qualcuno ironico qualcuno meno, tutti arrabbiati, tutti contro le decisioni provinciali. «Quando mal tempo ci sarà e l’elicottero non arriverà, il paziente chi lo salverà?» quello dietro al palco. Domanda retorica per le vaste Giudicarie, da Campo Carlo Magno a Lodrone e Ponte Arche, il cui centro più vicino, nel comune di Comano Terme, sta ad almeno 40 minuti di auto dal S.Chiara di Trento. E ancora un’amara ironia: «Cari i nostri assessori, non sono programmabili i nostri malori» e «Il rianimatore è venuto a mancare, cittadino non ti allarmare» e infine una promessa di lunga memoria: «Siate certi, ci vediamo alle prossime elezioni».

Temperatura sotto lo zero ma animi caldi, caldissimi, per una riorganizzazione ospedaliera che dalla folla (centinaia di persone) riunita ieri per manifestare contro le riduzioni di servizio è stata bollata come una chiusura de facto dell’ospedale giudicariese. Così personale medico e infermieri, amministratori, politici, ma soprattutto gente comune hanno risposto numerosi alla manifestazione lanciata nei giorni scorsi via Facebook in difesa dell’ospedale di Tione organizzata ieri sera nel piazzale antistante il polo giudicariese che ha fatto il pieno.

E non c’erano solo giudicariesi: sono venuti anche rappresentanti da Borgo, Cavalese e dall’Alto Garda, altri territori i cui ospedali sono stati ridimensionati come Tione dalle ultime misure provinciali: «Rimaniamo uniti - l’appello ripetuto da più parti - siamo tutti nella stessa situazione, non molliamo perché la sanità è il cuore di una vallata e le vallate sono lontane dal centro. La sovranità è del popolo, non della politica, che dovrà capire un’iniziativa così forte come questa».

C’era scoramento, tanta delusione e rabbia da chi periferico non si sentiva fino a quando non ha cominciato a venire meno la certezza di un servizio sanitario pari a quello di chi vive in città. «Non siamo trentini di serie B - ha tuonato dal megafono Giorgio Butterini, presidente della Comunità delle Giudicarie - stiamo chiedendo di non essere più considerati tali. Eppure siamo ancora fermi alla viabilità di cinquant’anni fa, e ora l’ospedale. Tutto questo non lo possiamo accettare più. Non stiamo chiedendo la luna, semplicemente i servizi essenziali: pronto soccorso, medicina, chirurgia, quei servizi di base sanitari che sono imprescindibili».
Cinquecento, settecento sono le stime più quotate, i numeri della manifestazione pro ospedale sono difficili da valutare, nessuno ha cifre certe: c’era gente assembrata alle porte dell’ospedale, moltissimi anche nel parcheggio superiore.

«Andremo anche a Trento se servirà» promette ad un pubblico tutto applausi e incitamenti Fabio Lavagnino, rappresentante sindacale di Nursing Up. La folla applaude gli interventi più duri verso la politica provinciale: «Tranquilli ci dicevano – interviene uno dei rappresentanti dell’Alto Garda – non verrà toccato nulla, E poi dieci giorni fa ci dicono che non c’è più l’anestesista. Non vorrei che tra un attimo, senza dirci niente, ci ritroviamo con una casa di riposo al posto dell’ospedale».

E i cittadini urlano, incitano, applaudono forte. I tecnici sono a fianco dei cittadini, ma guardano già al futuro e lasciano la manifestazione con una domanda: «I 9 milioni di euro che servono alle nuove assunzioni – chiedono – da dove verranno presi? Si dice che debba anticiparli l’Azienda sanitaria, ma come farà se i bilanci chiudono in rosso?».

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