Il tema

Il formaggio Puzzone non più a latte crudo: secoli di tradizione a rischio

Modificato il disciplinare per abbassare il rischio di contaminazioni: obbligo di termizzare il latte e ok ai fermenti aggiunti. Nelle valli di Fiemme e Fassa piccoli produttori molto critici: «Sarà Puzzone solo di nome. La sicurezza? Solo indicando in etichetta per chi è sconsigliato»

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di Pietro Gottardi

VAL DI FASSA - «Aridatece er Puzzone!». L'esortazione, depurata dai riferimenti storico-politici relativi alla fine del Ventennio fascista e del suo esponente massimo, il duce Benito Mussolini (nella fattispecie er Puzzone), potrebbe tornare sulla bocca degli estimatori di uno dei formaggi trentini più conosciuti a livello nazionale, il Puzzone di Moena, appunto. 

Ridateci il Puzzone, quello vero, l'originale, quello prodotto da secoli in val di Fassa con latte crudo e latte innesto. Il verbo "ridateci", usato oggi e in questo contesto, pare quanto mai appropriato alla luce delle modifiche al disciplinare di produzione del 2013 di questo prodotto DOP, apportate recentemente dal Ministero dell'Agricoltura su richiesta del Consorzio di tutela del Puzzone di Moena. 

Variazioni sostanziali e particolarmente invasive rispetto alle modalità di lavorazione del latte dell'originario disciplinare, a cui adeguarsi per poter continuare a fregiare le forme prodotte con il marchio "Puzzone di Moena". Andando al sodo, la novità, che incontra da un lato la necessità di dare una risposta (non esaustiva, peraltro) alle richieste di sicurezza sanitaria di questo formaggio a latte crudo, e dall'altro rende più facile e meno rischioso produrre questo formaggio strizzando così l'occhio alle grandi produzioni, riguarda uno dei pilastri portanti dell'unicità del Puzzone, caduto il quale occorre interrogarsi se il prodotto che ne deriverà potrà davvero, alla prova dell'occhio e del palato, continuare ad essere considerato Puzzone di Moena al di là del fatto che la forma di formaggio rechi stampigliato il marchio "Puzzone di Moena".

Ma eccola, all'articolo 5 comma 3 del disciplinare, la modifica - per il momento temporanea, con scadenza al 1 aprile 2026 - con cui è fondato il rischio di avere, di qui in avanti, un Puzzone di Moena di nome, ma non di fatto, ossia radicalmente diverso da quello prodotto con latte crudo e latte innesto con secoli di tradizione e storia alle spalle. In base al nuovo disciplinare per produrre Puzzone di Moena "deve essere utilizzato latte termizzato. 

La temperature massima di termizzazione è identificata a 64° per al massimo 40 secondi. Tuttavia, al fine di preservare e dare continuità alle caratteristiche organolettiche e visive del prodotto, e ammessa l'integrazione con fermenti lattici selezionati e autorizzati dal Consorzio di Tutela del Puzzone di Moena DOP."

I caseifici di Predazzo, Cavalese -Val di Fiemme e Val di Fassa, che sono i maggiori produttori di Puzzone di Moena, rispetto a quanto deciso dal Consorzio di tutela si sono adeguati. 

Diverso l'atteggiamento dei piccoli produttori, per i quali c'è un solo modo per fare il Puzzone di Moena (e non è certo quello di scaldare il latte per poi aggiungerci fermenti e aromatizzanti), come c'è un solo modo per tutelare se stessi e i consumatori dai rischi - remoti ma non azzerati nemmeno dalla termizzazione del latte - dei formaggi a latte crudo: «Se si vuole salvare l'unicità e secoli di tradizione di un prodotto come il Puzzone di Moena, ma il discorso vale anche per tutti gli altri grandi formaggi italiani a latte crudo come la Fontina valdostana o il Taleggio ad esempio, tutelando al contempo produttori e consumatori, la via più semplice ed efficace è quella di una legge nazionale che imponga la segnalazione in etichetta delle fasce di consumatori per cui è sconsigliato - suggerisce Andrea Carpano, produttore, che già da 3 anni ha imboccato questa strada per conto proprio - . Basterebbe prendere esempio dalla Francia, regina dei formaggi a latte crudo, che si guarda bene dal toccare le lavorazioni dei suoi formaggi, ma invita ad indicare in etichetta che sono sconsigliati ai bambini sotto i 10 anni, alle donne incinte e ai soggetti fragili». La scelta fatta dal Consorzio di tutela del Puzzone va invece nel verso opposto. 

«Ed è una strada rischiosa - prosegue Carpano -. Il formaggio prodotto con la termizzazione del latte e l'aggiunta dei fermenti è un buon prodotto, ma non è certo il Puzzone a cui siamo abituati. È un formaggio piatto, che guadagna l'occhiatura e un po' di sapore solo con l'aggiunta dei fermenti. In una parola non è più un formaggio totalmente naturale come è invece il vero Puzzone». 

La considerazione è pienamente condivisa da Michelangelo Croce dell'Agriturismo El Mas di Moena, un'istituzione quando si parla di Puzzone: «Ciò che è stato deciso è a demoralizzante - è il suo commento -. Ciò che farò è molto semplice: mi sgancerò dalla denominazione Puzzone e continuerò a produrre le mie 300 forme l'anno con il latte delle mie vacche Grigio Alpine seguendo l'originario disciplinare del Puzzone, ma chiamando il mio formaggio a caratteri cubitali Nostrano di Moena. Non potrò marchiarlo Puzzone, ma non tradirò questo storico prodotto e porterò avanti con orgoglio la tradizione»

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