Turismo / Il caso

L Chimpl di Tamion, chiusura per il ristorante stellato: “La difficoltà nel trovare personale ci ha messo in crisi”

Katia Weiss e il marito: “Non ci fermiamo perché manca lavoro, anzi. Manca chi ha voglia di mettersi in gioco, anche se lo stipendio offerto è bello. Siamo costretti a fermarci per capire come ripensare il lavoro”

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di Andrea Orsolin

SÈN JAN. Nel 2023 i ristoranti chiudono per il troppo lavoro. Succede a L Chimpl di Tamion, una delle due stelle Michelin presenti in val di Fassa (l'altra è Malga Panna, sovrastante l'abitato di Sorte, piccola e soleggiata frazione di Moena) che quest'estate non riaprirà la cucina guidata dallo chef stellato Stefano Ghetta. Forse la gastronomia di qualità non attira più i turisti? Mangiare in ristoranti gourmet è diventato troppo costoso?

Niente di tutto questo, secondo Katia Weiss, che assieme al marito Stefano gestisce l'Hotel Gran Mugon (3 stelle), all'interno del quale si trova L Chimpl. «La difficoltà nel reperire il personale ci ha messo in crisi, la gestione della struttura è diventata troppo impegnativa, siamo arrivati stanchi alla fine dell'inverno» ammette Katia con un comprensibile dispiacere.

Il ristorante gourmet, dall'ingresso indipendente ma annesso all'Hotel, è stato inaugurato nel 2009, distinguendosi per un arredo elegante in stile ladino con note contemporanee e per una veranda che permette, a chi è seduto a tavola, di ammirare il paesaggio che si gode da Tamion, a pochi chilometri da Vigo. Ogni anno a partire dal 2013 è stato insignito di una stella Michelin, il riconoscimento per chi offre una cucina d'eccellenza, fonte di attrazione per i cultori dell'arte culinaria.

«La gente c'è sempre stata, il lavoro è aumentato sempre di più, anno dopo anno, e anche nell'ultima stagione invernale abbiamo avuto la sala piena fino all'ultimo giorno. Non chiudiamo perché manca lavoro, anzi. Manca chi ha voglia di mettersi in gioco, di lavorare. Siamo costretti a fermarci per capire come ripensare il lavoro».

Nelle località turistiche la ricerca di figure come cuochi, camerieri e lavapiatti dopo lo scoppio della pandemia è diventata molto complessa. Sono venuti meno gli stranieri, che dopo tanti anni lontani dal proprio paese sono ritornati in patria, dopo aver guadagnato in risparmi ed esperienza. D'altronde, casa è pur sempre casa. In molti hanno deciso di cambiare settore lavorativo, scegliendo altre professioni. Più che per l'inverno (dove tutto sommato gli organici vengono riempiti) le difficoltà sono legate alla stagione estiva, quando c'è la concorrenza delle località di mare o dei laghi.

«Noi siamo disposti a pagare un bel stipendio se uno fa bene il suo lavoro, non abbiamo mai fatto mancare ai nostri dipendenti il giorno libero, ma la domanda "quanto prendo?" non può essere la prima cosa da chiedere. È ovvio che il lavoro in cucina è pesante, non ha orari, sai quando inizi ma non quando finisci. Ci sono gli imprevisti, ma questo è il nostro lavoro».

La famiglia Weiss - come molte altre strutture della valle, e non solo - sta in queste settimane facendo i conti con la sistemazione di tutti i tasselli dell'organico che lavorerà nei prossimi mesi all'interno dell'albergo.

«La scelta di non riaprire L Chimpl è stata difficile da prendere, ma è la scelta giusta - conclude Katia - Mi preoccupa e allo stesso tempo mi dispiace il dover dare la notizia alla clientela quando ci chiamerà per prenotare. Non è una chiusura definitiva, ma in questa situazione è meglio fermarsi».

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