Memoria / Il racconto

Giulio Misconel, il ricordo della tragedia: «Ho temuto di avere perso mio padre»

L’attuale presidente delle Funivie Cermis ripercorre i terribili giorni di quel febbraio del 1998, quando allora era nel consiglio di amministrazione della società e si occupava di seguire i cantieri

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di Andrea Orsolin

CAVALESE3 febbraio 1998, tre e un quarto del pomeriggio. Squilla il telefono. «Giulio, è caduta la funivia». Il pensiero va immediato a papà Luigi, che potrebbe essere su quella cabina. Giulio Misconel è l'attuale presidente delle funivie Cermis e in quegli anni era nel consiglio di amministrazione della società, di cui si occupava di seguire i cantieri, in quanto costruttore edile (è il legale rappresentante della ditta edile Misconel Srl).

Luigi, che se n'è andato nel 2018 a 81 anni, ha tramandato al figlio la carica di "numero uno". Il 3 febbraio di venticinque anni fa scampò alla morte per un soffio: era sceso alla fermata intermedia. La tragedia colpì invece altre venti persone, tra le quali anche il fiemmese Marcello Vanzo, il manovratore della cabina, che caddero al suolo per 108 metri.

La vita di venti persone senza colpa fu distrutta dal capitano Richard J. Ashby, assistito dal navigatore Joseph Schweitzer, alla guida di un aereo militare statunitense, un Grumman EA-6B Prowler della United States Marine Corps, partito dalla base aerea di Aviano, in Friuli.

Pilotarono l'aereo a bassa quota per godere da vicino delle bellezze del territorio, registrando il tutto in un filmato. Non si accorsero però che dall'Alpe Cermis scendeva una funivia per portare in quota gli sciatori. L'aereo tranciò il cavo, facendo precipitare la cabina: dopo il 1976 e la rottura della fune portante dell'impianto che causò 42 morti, la maledizione - questa volta per mano umana - si era scagliata ancora una volta sul Cermis.

Giulio, cosa ricorda di quel giorno?
Ricordo perfettamente ogni istante. Solo non mi viene in mente chi mi chiamò per annunciare quello che era successo. Mi trovavo in un cantiere edile a Predazzo, sentii un rumore ma non ci diedi importanza. Pochi minuti dopo io e le altre persone che erano con me abbiamo ricevuto una chiamata: la funivia era caduta.

Qual è stata la sua prima reazione?
Ero molto preoccupato, perché sapevo che mio padre - allora presidente della società delle funivie - si trovava lì e poteva essere coinvolto nell'incidente. Poi siamo riusciti a sentirci e mi sono tranquillizzato. Per fortuna era appena sceso con l'altra cabina, fermandosi alla stazione intermedia. È stata una casualità, una questione di poco tempo. È scampato per poco alla morte.

Cosa ha fatto poi?
Sono andato negli uffici di Cavalese, dove poco dopo è arrivato l'allora vicepresidente del consiglio regionale Franco Tretter. Assieme siamo andati sul posto.

Come sono state le giornate seguenti all'evento?
Psicologicamente è stata dura. Per mio papà sono stati giorni tremendi, di tensione e di dolore. Era pienamente operativo, io gli sono stato il più vicino possibile. Lo ho aiutato, soprattutto nelle fasi della ricostruzione.

E poi cos'altro è successo?
Dopo il 3 febbraio ci sono stati diversi incontri. La politica ci è stata molto vicina, in particolare Tretter. In tempi brevissimi ci hanno consentito di ricostruire l'impianto, dandoci tutte le autorizzazioni necessarie. Burocrazia e politica hanno fatto la loro parte, anticipando il capitale che poi è stato rimborsato dagli americani. Poco prima del Natale 1998 la nuova funivia era già in funzione.

È stato difficile far ripartire la vostra attività?
La gente purtroppo dimentica presto e non abbiamo avuto strascichi. Alla riapertura le persone parlavano ancora della tragedia, c'è stato inizialmente un calo di gente e abbiamo avuto delle perdite, ma abbiamo presto recuperato la clientela. La gente percepiva che sui nostri nuovi impianti era al sicuro.

Oggi che significato ha, per lei, il 3 febbraio?
Un pensiero a quel giorno, in occasione dell'anniversario e non solo, lo faccio sempre, ma bisogna andare avanti e guardare positivo. Noi da parte nostra cerchiamo sempre di fare in modo che i nostri impianti siano sempre più efficienti e sicuri. Il 3 febbraio 1998 è stata una lezione per tutti.

Come giudica l'assoluzione dei piloti americani, che furono riconosciuti colpevoli di sola ostruzione alla giustizia e condotta inadatta e congedati dal corpo?
È una cosa delicata e non entro nel merito, è difficile dare un giudizio e non voglio creare polemiche.

Il Comune di Cavalese ha deciso che questo sarà l'ultimo anno in cui si organizzeranno cerimonie pubbliche per ricordare…
La ritengo una cosa giusta: i parenti delle vittime, molti dei quali stranieri che vivono lontani e sono anziani, ultimamente partecipavano ben poco. Credo anche io che si possa ricordare l'evento in maniera diversa.

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