Sanità / Il progetto

Franco Nones boccia il nuovo ospedale a Masi: «Facciamolo presto, ma facciamolo dov’è adesso. I nostri vecchi sapevano cosa facevano»

Il campione olimpico invita a essere concreti: «Il project financing? Abbiamo visto com’è andata a Trento, l’ospedale non c’è ancora». Perché no a Masi? «Va ristrutturato l’attuale, tutto il resto sono scuse»

di Andrea Tomasi

VAL DI FIEMME. «Bisogna pensare al futuro». Franco Nones ha 80 anni. Oro olimpico nello sci di fondo, primo medagliato a sud delle Alpi, parla del futuro della sua Val di Fiemme (lui è cresciuto a Castello Molina) e del Trentino. Parla di sanità, della questione ospedale, che in questi mesi è sotto i riflettori. Esclude che si possa riuscire a risolvere il «problema polo della salute» in tempo per le Olimpiadi invernali del 2026, ma «bisogna essere seri e pragmatici, poco conta» dice.

«Ciò che conta veramente è che si colga l’occasione dei Giochi per realizzare quelle opere necessarie per il territorio. Anche in occasione di MondialFiemme si sapeva che la strada di fondovalle - considerata strategica - non sarebbe stata costruita in tempo, ma i grandi eventi hanno questo di positivo: permettono di ottenere i finanziamenti necessari per i cantieri e permettono di accelerare un percorso burocratico che altrimenti sarebbe molto lento».

Insomma - spiega - difficilmente si vedrà un ospedale rinnovato entro l’anno 2026, ma non si deve sciupare questa occasione.

Franco Nones è stato il primo “mediterraneo” capace di conquistare l’oro olimpico nel fondo, sulla distanza di 30 chilometri, quando aveva 27 anni e sette giorni, il 7 febbraio ‘68 a Grenoble, entrando nella storia dello sci mondiale con la vittoria davanti ai due favoriti, il finlandese Martyranta e il norvegese Martinsen. L’oro olimpico gli valse anche il titolo mondiale, come era in uso allora. Poi, nella vita, si è aperto la pista dell'imprenditoria ed è diventato un esperto di grandi eventi. Di grande, oggi, c’è il progetto del nuovo ospedale a Masi di Cavalese, una proposta in finanza di progetto, presentata dall’Associazione temporanea di imprese, composta dalla Mak Costruzioni di Lavis con Siram spa (servizi tecnologici) e Dolomiti Energia Solutions srl, a cui si deve sommare il colosso finanziatore (Banca Intesa). Questo pacchetto progettuale è ancora al vaglio del Navip (Nucleo per la valutazione degli investimenti pubblici proposti da privati) e l’istruttoria, con il supporto di Cassa Depositi e Prestiti, dovrebbe concludersi a metà a luglio. Il tempo stringe: nelle valli di Fiemme, Fassa e Cembra (questi i territori interessati) non si sa ancora se e quando si avrà un nuovo ospedale. Il piano Mak è alternativo a quello sposato in un primo momento dall’amministrazione provinciale: la ristrutturazione del nosocomio esistente (47 milioni sul progetto dell'architetto milanese Roberto Ravegnani Morosini), oggi caldeggiata dalla giunta comunale di Cavalese del sindaco Sergio Finato.

«L’ho detto anche al sindaco - racconta Nones, raggiunto al telefono a Castello Molina - Se questo ospedale non viene rifatto, possibilmente in tempi rapidi, a Cavalese non lo vedremo mai un ospedale nuovo. Io sono per la ristrutturazione dell’esistente e sono per l’efficienza».

Un «facciamo presto!» che viene da un monumento dello sport fiemmese. Ma perché, secondo il campione, non sarebbe opportuno costruire la nuova «città della salute» a Masi, in posizione baricentrica rispetto alle tre valli di riferimento? «Abbiamo visto cosa è successo con il project financing del nuovo ospedale di Trento, che non c’è. Aggiungo che la posizione non mi pare ideale: non mi riferisco alla presenza dei corsi d’acqua, ma al fatto che i pazienti dovrebbero godere di una posizione assolata, che l’attuale ospedale garantisce, mentre quello pensato per Masi no. Quando i nostri anziani della Magnifica decisero di costruire l’ospedale a Cavalese, là dove è ora, questa valutazione la fecero. Parliamo di gente che usava la testa».

Franco Nones - la cui vita è raccontata nel docufilm «A passo d’oro» di Lia e Alberto Beltrami - non condivide il pensiero di chi dice che, in caso di emergenza, una cosa è accedere al pronto soccorso in un’area lontana dal centro abitato, vicino alla strada di fondovalle, tutt’altra cosa è attraversare l’abitato di Cavalese. «Costruendo un edificio (110 mila metri cubi per 94 posti letto,ndr) a Masi quanto si guadagnerebbe in tempo? 5 forse 6 minuti? - si chiede Nones - Diranno che si perde tempo per attraversare Cavalese e raggiungere l’ospedale, ma sono solo scuse».

Scuse? «Sì. Con una piccola bretella sotto Cavalese si risolve tutto a costi contenuti».

E ai fassani che vorrebbero il polo sanitario a Masi cosa dice? «Che li capisco ma per loro non cambia quasi nulla. Capirei se venisse costruito a metà strada, ma parliamo di Masi... Raggiungi Masi o Cavalese cosa ti cambia? E poi un ospedale, attorno a sè, deve avere servizi, strutture».

Servizi e attività che, facciamo notare, sorgerebbero a Masi. «Sì, ma a che prezzo e quando?» Nones conclude facendo un appello: «Valutiamo bene e facciamo le cose che sappiamo di poter fare. Ai tempi di Mario Malossini (presidente della Provincia dal 1989 al 1992, ndr) si sono fatte opere importanti, sapendo che si potevano fare. Un ospedale strutturato - in un territorio che per sei mesi all’anno ospita circa 100 mila persone, pari agli abitanti della città di Trento - serve eccome, ma guardiamo in faccia la realtà: ripensiamolo e rilanciamolo là dov’è ora».

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