Sanità/ Il progetto

Nuovo ospedale di Fiemme, l’ipotesi Mak fra luci ed ombre (ne è felice solo Cavada)

Il sindaco Finato espone le sue perplessità, Ugo Rossi ricorda il progetto di ristrutturazione, Zeni è dubbioso, e Degasperi spara a zero sul project financing

di Andrea Tomasi

CAVALESE. Il nuovo ospedale? Dovrebbe essere realizzato con trasparenza, velocità, chiarezza e magari rispetto del territorio. La risposta politica alla notizia dell’intervento dell’impresa Mak Costruzioni non si è fatta attendere.

La società di Lavis ha depositato una proposta in Provincia a Trento, come capogruppo di un’Ati (Associazione temporanea di imprese) per realizzare il “nuovo” ospedale delle valli di Fiemme, Fassa e Cembra. Del protocollo si sa pochissimo. La cosa certa è che il pacchetto prevede il project financing: una formula che prevede che il privato realizzante si occupi anche della gestione della struttura che va a costruire. È un mix pubblico-privato che viene proposto in una fase a dir poco delicata per il sistema sanità. C’è poi da dire che questo nuovo progetto rilancia l’opzione della delocalizzazione (non più ristrutturazione e rilancio dell’attuale complesso ospedaliero a Cavalese ma realizzazione ex novo a Masi).

Sarà il Navip (Nucleo per la valutazione degli investimenti pubblici proposti da privati) a svolgere l’istruttoria, che durerà 90 giorni. Mirko Pellegrini con il fratello Andrea, a capo della Mak (una società che nell’anno del Covid ha fatturato 36 milioni di euro), non vuole commentare. «Aspettiamo l’apertura della busta in Provincia», prevista per questa mattina.

La ricetta proposta dalla Mak (da tempo si parlava di un interessamento degli imprenditori lavisani) non piace al sindaco di Cavalese Sergio Finato: «Noi vorremmo andare avanti con il progetto attuale di ristrutturazione dell’ospedale. L'iniziativa della Mak verrà messa a confronto con il progetto datato 2018. Noi abbiamo vinto le elezioni con una lista che si chiama “Ambiente Bene Comune”... Figuriamoci se vogliamo che venga compromesso altro territorio.

E poi c’è la questione dei tempi: la comunità e i medici ci chiedono certezze. La delocalizzazione a Masi rallenterebbe tutto l’iter. Io dico che economicità, velocità e sostenibilità ambientale non devono essere compromessi».

Tanti dubbi anche sullo strumento della finanza di progetto: «Non voglio contestare le strategie della Provincia, ma la nostra posizione è chiara: per noi scuola e sanità devono stare saldamente nelle mani del pubblico». E poi aggiunge: «Abbiamo troppi pochi elementi per giudicare, ma le nostre posizioni su consumo del suolo, tempi, governance pubblica sanità restano invariate».

Abbiamo contattato il consigliere provinciale Ugo Rossi (Azione), ex presidente della Provincia ed ex assessore alla sanità quando in Piazza Dante governava Lorenzo Dellai. «Io ho un atteggiamento molto laico. Chi vi parla tre anni fa, con l’allora assessore Gilmozzi, aveva fatto la scelta di realizzare il progetto sul sedime attuale, ma se oggi emerge un’alternativa valutiamo tutti i dati. Nel complesso trovo positivo che un’impresa, per di più trentina, si sia fatta avanti per promuovere un progetto. Il nucleo di valutazione prenderà una decisione non politica e trovo corretto immaginare che ci possano essere soluzioni diverse rispetto a quelle del passato. Aspettiamo di capire e valutiamo».

Costruire un ospedale a Masi significa mangiare territorio, no? «Ci sono pro e contro. Non possiamo partire da giudizi precostituiti». E la questione dell’eccessiva presenza di privato nel settore sanità? «La strada della partecipazione privata è stata battuta anche in passato. Non ci trovo nulla di scandaloso».

Luca Zeni, consigliere provinciale del Pd e che con la Giunta Rossi è stato assessore alla sanità (prese il posto di Donata Borgonovo Re), nutre dei dubbi sul project financing: «In generale, se andiamo a vedere il trend nazionale, vediamo che la finanza di progetto, con il privato che costruisce e poi gestisce, è una cosa che andava “di moda” 20 anni fa. È un sistema con molti limiti. Bisogna vedere come è nel concreto». Inoltre c’è il problema tempi. «La costruzione di un nuovo ospedale in una zona diversa dall’attuale comporterebbe una revisione a livello del Pup (Piano urbanistico provinciale)». Insomma le lancette dell’orologio corrono e ricordiamo che il complesso sanitario dovrebbe essere cosa fatta per le Olimpiadi 2026. Arrivare tardi comporterebbe disagi ai cittadini e una brutta figura visibile ben oltre i confini del Trentino, dice. «E poi c’è la questione della trasparenza, che in Provincia dovrebbe essere massima». Entusiasta invece Gianluca Cavada, consigliere provinciale della Lega: «L'idea sul nuovo Ospedale di Cavalese è degna di considerazione e l'auspicio è quello che si realizzi - dopo l'iter di valutazione - in tempi relativamente brevi (...) Ora è necessario un confronto veloce e costruttivo con le varie realtà locali al fine di garantire alle tre valli un presidio sanitario».

Molto critico invece il consigliere provinciale Filippo Degasperi: «Siamo seri. Non è che un privato si lancia in una iniziativa di questo tipo senza avere fatto accordi o avere avuto rassicurazioni. Mi parrebbe poco credibile. Io dico che c’è dietro un disegno e tutto è stato occultato al pubblico. Guardate che con un progetto come questo cambia lo scenario dal punto di vista dell’impatto ambientale (una cosa è la ristrutturazione dell’attuale ospedale e una cosa è utilizzare territorio per produrre altro cemento) e delle dinamiche sanitarie. Si chiama project financing e, in pratica, è l’affidamento della gestione dell’ospedale a mani private. L’ente pubblico così perde il controllo. I trentini questo lo devono sapere. In questo periodo in cui sembra che i soldi ci siano per qualsiasi cosa è un attentato».

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