Predazzo, demolito il «mostro» via la ex stazione di partenza della seggiovia Latemar

di Mario Felicetti

Sono iniziati in questi giorni i lavori di demolizione della stazione di partenza della vecchia ovovia, disattivata da anni, della società Latemar di Predazzo, costruita nel 1969, quando venne costituita la prima società di impianti e fu attivato il collegamento del paese con località «Le Rois», da dove una prima seggiovia arrivava fino a «Gardonè», punto di partenza di una seconda seggiovia che portava gli sciatori fino al «Doss Cappello».

Gli impianti, promossi da un gruppo di imprenditori locali guidati dal compianto Ugo Sala, entrarono in funzione nella stagione invernale 1970/71, allora anche con la ghiotta opportunità per gli sciatori di scendere, sci ai piedi, fino alla frazione del «Fol», alla periferia nord dell’abitato. La stazione di partenza, situata immediatamente dopo il ponte della «Birreria», all’uscita di Predazzo in direzione di Moena, venne costruita su un terreno che la Latemar aveva acquistato dalla Regola Feudale.

La società avrebbe chiuso la propria attività, a causa di insostenibili perdite di gestione, alla fine dell’inverno 1984/85, anche se sarebbe risorta dieci anni dopo, nella stagione invernale 1995/96, quando è entrata in funzione la nuova Latemar 2200, inaugurata il 20 gennaio 1996, con una nuovissima, moderna cabinovia ad agganciamento automatico da Predazzo (presso lo stadio mondiale del salto) a Gardonè ed una seggiovia quadriposto da Gardonè al Passo Feudo.

Dopo la chiusura del 1985, presso la vecchia stazione di partenza ha continuato l’attività un ristorante pizzeria, gestito prima da una persona di Predazzo e quindi da una famiglia di cinesi, per chiudere in via definitiva alle soglie degli anni Duemila. E rimasta in piedi una struttura abbandonata e fatiscente, di proprietà della società altoatesina Alinco dell’imprenditore Robert Pichler. Da tempo, l’Amministrazione comunale aveva in animo di demolirla, essendo diventata un brutto biglietto da visita per il paese. Alla fine del mese di dicembre scorso, questa previsione è stata inserita anche nell’ultima variante urbanistica, mentre erano in corso da tempo le non facili trattativa con il proprietario per arrivare ad una soluzione condivisa. Così alla fine è stato e la Alinco ha accettato di demolire la struttura a proprie spese, liberando l’area, pur con la clausola di poter un domani utilizzare il terreno per un nuovo investimento edilizio. Molto soddisfatto il Comune, ed in particolare la vicesindaco ed assessore all’urbanistica Chiara Bosin che ha condotto le trattative, per una bruttura che scompare, riqualificando l’entrata nord dell’abitato.

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