Polemica sul proverbio ladino sulle donne belle se formose stampato sulle bustine di zucchero

di Giorgio Lacchin

Hanno messo il pepe nello zucchero e il caffè ha più gusto, per i turisti: così dicono in val di Fassa. A Trento, però, qualcuno lo ha sputato, il caffè.
Sulle bustine dello zucchero distribuite nei bar della val di Fassa è stampato un proverbio: Na bela femena l’à l cul e l piet sot la pievia. Cioè una bella donna ha il sedere e il petto sotto la pioggia. Perché... sporge da tutte le parti.

Le bustine portano in bella evidenza il marchio dell’Azienda per il turismo della val di Fassa e in un carattere più piccolo il nome di chi promuove l’iniziativa: la Famiglia cooperativa val di Fassa, la cooperativa più importante della valle.

Cominciamo da chi non ha gradito lo zucchero pepato: Paola Taufer, presidente della Commissione provinciale per le pari opportunità uomo-donna (presidente, è chiamata nel sito web del Consiglio provinciale, non presidentessa; e noi ci adeguiamo). «Un proverbio sessista», comincia battagliera, «punto e basta». Ma in effetti non basta. «Ci sono tanti bei proverbi: bisognava andare a prendere proprio questo? Ce ne sono di bellissimi su ogni cosa: sulla natura, su tutto. E invece, mentre si cerca di procedere verso la benedetta parità, ecco lo stereotipo sessista. E non venitemi a dire che in questo modo si porta avanti una tradizione! Perché una tradizione la si porta avanti benissimo con altri proverbi». Come la mettiamo, allora, con il personaggio del buffone che nel carnevale ladino fa schioccare una bacchetta sul sedere delle signore? «Il carnevale è un po’ diverso», taglia corto Paola Taufer. «Nel caso del proverbio, invece, si perpetuano tradizioni sessiste. Poi vorrei sapere chi lo ha scelto, questo proverbio. Vuoi vedere che nella “commissione” sono tutti uomini? O magari c’è qualche donna, perché non tutte sono sensibili e attente».

Fuochino, signora Taufer. Luca Giongo, direttore generale della Famiglia cooperativa val di Fassa, spiega il perché. «Per i proverbi ci appoggiamo all’Ufficio della lingua ladina del Comun General de Fascia. In quell’ufficio sono tutte donne». Tombola. «Chiediamo loro: avete dei proverbi simpatici? E ce ne mandano un certo numero». Tra cui quello del cul e l piet. «Esatto. E noi scegliamo». Così lo avete scelto. «Non vedo niente di male. Questo proverbio è sulle bustine da anni perché ha riscosso un grande successo». Tra l’altro. «Una volta sulle bustine c’era il logo del nostro ingrosso, ma a chi interessa? ci siamo chiesti». Risposta facile. «Appunto. E così, sei o sette anni fa abbiamo creato qualcosa di curioso. E i turisti chiedono, parlano. Ogni tanto cambiamo le frasi ma questa no, come dicevo». Dunque ce lo sorbiremo ancora il caffè al pepe. «Vedrò l’articolo, lo porterò in Consiglio d’amministrazione e decideremo», rivela Giongo, che conclude con un sorriso stiracchiato. «Sorrido, sì. Se qualcuno vuole polemizzare, sinceramente non so che farci».

Se Luca Giongo sorride, Andrea Weiss vuole proprio ridere. «Cosa posso farci se tutti i proverbi non piacciono proprio a tutti? Facciamoci una risata», dice il direttore dell’Azienda per il turismo della val di Fassa. Ma in effetti non ride, o se lo fa, lo fa così piano da non farsi sentire. «Non li abbiamo scelti noi, i proverbi». E questo lo sappiamo. «È un’iniziativa della maggiore cooperativa della valle, e se mi chiedete se io o l’azienda li abbiamo visionati tutti vi diciamo che no, non abbiamo visionato tutti i proverbi. Ma posso dire che incuriosiscono i turisti». Non avevamo dubbi. «Comunque noi siamo orgogliosi di apporre il marchio a forme della cultura ed espressione ladina». Sono forme culturali, dunque. «Il progetto vuole valorizzare la lingua ladina attraverso proverbi antichi ed espressioni popolari centenarie. Cosa facciamo: aboliamo tutto? Cancelliamo anche il buffone che nel carnevale ladino bacchetta le signore? Qui si portano avanti tradizioni e modalità che rappresentano la storia passata. Modalità non più attuali, ma che vengono portate avanti in quei termini».

«Cerchiamo di rimanere tranquilli», predica il consigliere provinciale Luca Guglielmi (Fassa). «Il proverbio in questione è forse il più spinto, tra virgolette, tra quelli riportati sulle bustine». Forse? «L’azione è mirata a far conoscere la lingua e la cultura ladina. Punterei sulla bontà dell’iniziativa. Se giudichiamo la singola frase non è certo il massimo, ma storicamente», e Guglielmi calca il tono sull’ultima parola, «non è un detto che vuole sminuire il genere femminile». «Non vorrei che sorgesse una polemica», conclude Guglielmi in versione pompiere, «in un’epoca in cui siamo rispettosi di tutti i generi».

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