Rifugio Baita Monzoni: ok alla ricostruzione in deroga al Prg dopo il rogo

Il rifugio Baita Monzoni, completamente distrutto da un incendio il 25 maggio 2015, sarà ricostruito e tornerà ad accogliere turisti. Anzi, non verrà solo ricostruito ma anche ampliato.

Lo ha deciso la giunta provinciale giovedì scorso, dando il nulla osta al Comune di Sén Jan per il rilascio del permesso di costruire in deroga alle norme d’attuazione del Piano Regolatore Generale.
A spiegare cosa si vuole fare è il proprietario dell’area Giuseppe Pollam, che da molti anni con la famiglia gestisce il ristorante «Vecchio Mulino» a Pozza di Fassa e che ha acquistato quel che restava del rifugio gestito fino al 2015 dal «Nello», alias Nereo Defrancesco.
Secondo il progetto redatto dal dottore forestale Marco Simeoni, la nuova struttura sarà realizzata a 20 metri circa dalla vecchia «Baita del Nello» piena di cimeli storici: al piano interrato saranno realizzati il parcheggio per i mezzi della proprietà, la cantina, il locale caldaia, il deposito per il pellet, servizi e spogliatoi per il personale. Al piano terra troveranno posto il bar, il ristorante, la cucina, nonché i servizi per gli ospiti e una terrazza. Al primo piano vi saranno sei camere per gli escursionisti, per un totale di 11 posti letto più 3 posti per il gestore.
Il volume del nuovo rifugio sarà pari a 1.209 metri cubi, mentre l’interrato sarà di 1.119 metri cubi: il vecchio rifugio distrutto aveva, invece, un volume di 394 metri cubi fuori terra e di 43 mc in interrato. Al momento dell’incendio, il rifugio era classificato come rifugio alpino classe 1, mentre il nuovo Monzoni sarà riqualificato come rifugio escursionistico, in quanto il rifugio accessibile tramite una strada aperta al traffico ordinario, anche se per limitati periodi dell’anno.
La deroga si è resa necessaria perché i lavori sono in contrasto con l’articolo 33 delle norme d’attuazione del Prg relativamente alla destinazione di zona classificata come area a pascolo mentre per il rifugio bruciato, classificato all’interno del patrimonio edilizio montano, in base alle prescrizioni speciali riportate nelle schede era vietata la ricostruzione di tutti i volumi di pertinenza diversi dalla p.ed. 445 originaria. Era ammessa poi solo la ricostruzione filologica riconducendola agli elementi e caratteristiche della tipologia storica e, al fine di garantire la funzionalità del rifugio, un ampliamento massimo di 50 metri cubi fuori terra da realizzare in continuità con il fabbricato esistente e le tipologie storiche, secondo gli schemi in calce. Chiaro che le caratteristiche del progetto presentato e approvato sono altre e quindi si poneva un contrasto, superabile solo con l’ok provinciale.
Ma perché ricostruire ampliando? Giuseppe Pollam risponde: «Ampliamo per offrire un servizio migliore. Arrivati al 2020 bisogna adeguarsi ai tempi, il cliente ha esigenze diverse da una volta. Ma abbiamo previsto solo una quarantina di posti a tavola perché vogliamo offrire un servizio di qualità e non vogliamo né ressa né liti su chi arriva per primo».
I lavori, continua il ristoratore, dovrebbero iniziare la prossima primavera per concludersi entro l’autunno: «Iniziare i lavori prima è impossibile perché la strada sarà chiusa per recuperare i tronchi abbattuti da Vaia. La nostra intenzione è aprire il rifugio in dicembre per tenerlo poi aperto durante le stagioni turistiche, otto o nove mesi all’anno. Ci lavoreremo io o mio figlio e altre 5-6 persone anche perché, oltre al servizio di ristorazione e accoglienza, vogliamo organizzare un servizio di trasporto in andata col gatto delle nevi cabinato e in discesa con le slitte».

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