Il lupo attacca una malga a Masi di Cavalese Due capre morte, altre 5 e il cane sono feriti

Due capre morte e altri quattro o cinque animali feriti. È il bilancio dell’attacco predatorio, avvenuto nella notte tra domenica e lunedì, ai danni del gregge di capre ricoverato alla Malga Bassa di Masi di Cavalese.
Il principale indiziato quale autore dell’attacco è il lupo. Anche se, per averne la certezza, si dovranno attendere gli esiti degli esami sui campioni di dna raccolti dalla forestale durante i rilievi di ieri mattina. Esami che confermeranno o meno se si tratta, effettivamente di un attacco dovuto al lupo e, in quel caso, se la predazione sia stata l’opera degli esemplari presenti nella zona.

Le modalità, con cui sono stati aggrediti gli animali, coincidono solo in parte al modus operandi classico della specie: solo una capra è stata azzannata alla gola, le altre riportano invece ferite che non sembrano riferibili al lupo «che solitamente non perde tempo a graffiare le sue prede», spiega Luca Pedrotti del Servizio Foreste e Fauna della Provincia. «Per sicurezza aspettiamo i risultati» aggiunge.

La mattinata di ieri per i pastori della Società allevatori caprini Val di Fiemme, che hanno in gestione la malga di proprietà del Comune di Cavalese, ha riservato un brutto risveglio. Pronti come ogni mattina a entrare nel recinto per accudire il bestiame e per mungere i capi, si sono accorti subito che qualcosa non andava: «Il cane era mezzo moribondo e le capre si trovavano addossate al recinto, tutte insieme in un angolo - racconta il presidente della società Alberto Nones -. Due le abbiamo trovate morte e altre riportavano ferite al collo e graffi. Tutto il gregge era spaventato».

La malga è usata, in primavera e in autunno, per l’alpeggio di un gregge di quasi 450 esemplari, perlopiù capre (poche le pecore, di cui se ne contano una cinquantina). «La sera le ricoveriamo nei recinti - continua Nones - Da una parte mettiamo quelle da latte (circa 280 capre) e dall’altra quelle che invece non producono latte. È qui che è avvenuta la strage. In quello adiacente non sembra che ci siano stati danni».

Con probabilità, l’attacco, come spiega ancora Nones, è avvenuto intorno all’una di notte: «Il pastore, che dorme nella malga, ha sentito abbaiare i cani e degli strani rumori intorno a quell’ora. Ma quando è uscito per controllare, non è riuscito a vedere nulla. In quarant’anni non abbiamo mai avuto di questi problemi. Prima d’ora poi il lupo non si era mai spinto così in basso».

La malga si trova a 1.000 metri di altitudine, a poche centinaia di metri a monte dell’abitato. E anche per questo, che, il recinto non era protetto adeguatamente: «Abbiamo preso provvedimenti per la Malga Alta, ma non avremo mai pensato che si sarebbe spinto così vicino al paese - ribadisce Nones -. Si stava così bene quando non c’era e non mi importa che la Provincia mi risarcisca le bestie. Su questa malga portano il bestiame 25 allevatori. Almeno sette o otto colleghi con cui ho parlato mi hanno detto che, vista la situazione, si riportano a casa il gregge. Se vogliamo che le malghe rimangano vuote...»

Inevitabilmente, l’attacco riaccende la rabbia degli allevatori, che si trovano a dover far fronte a una situazione che li obbliga, volenti o no, a trovare nuove modalità di gestione e a dotarsi di sistemi di protezione che possano ridurre episodi di questo tipo, quali le reti elettrificate e i cani da guardiania. Il lupo, come ricorda Pedrotti, è infatti una specie che, oltre a essere «particolarmente protetta» (il che significa che gli eventuali episodi di bracconaggio sono sanzionati in maniera molto grave) è in espansione nei boschi del Trentino. «Su questo si giocherà il futuro - conclude -. Da un lato c’è l’allevamento di montagna, e dall’altro c’è la necessità di tutelare questa specie, un po’ perché lo riteniamo giusto e un po’ perché ce lo impone la normativa. Entrambi hanno pari dignità, si dovrà trovare il modo di convivere».


 

La Malga Bassa delle Capre, a Masi Cavalese, è ben nascosta tra gli alberi ma proprio a ridosso dell’abitato della piccola frazione sul fondo della Val di Fiemme. Poco più in là scorrono le piste da sci del Cermis, ma quello in cui ci troviamo non è un luogo turistico aperto al pubblico: è un vero allevamento di capre da latte.

La vista appena arrivati lascia sorpresi per il grande numero di erbivori tenuti nei due pascoli dell’azienda. Tutto attorno c’è una pace serena, interrotta solamente dal dolce suono delle tante campanelle al collo delle capre. Immaginiamo che lo stesso spettacolo, agli occhi di un lupo affamato (se questo è stato la causa del problema della scorsa notte), abbia avuto tutto un altro significato. Infatti la tipica tranquillità di questo luogo ameno, è stata interrotta da un fatto mai verificatosi prima. E per chi cura gli animali, uno scenario spaventoso.

«Verso l’una di notte abbiamo sentito dei rumori, i cani abbaiavano, le capre erano agitate. Abbiamo pensato che fosse una volpe, a volte capita e i cani si agitano. Siamo quindi usciti per far calmare le bestie ma non ci siamo accorti di nient’altro» ci dice Mirko, giovane pastore rumeno in Italia da nove anni. «Alla mattina le capre erano strane, stavano tutte ammucchiate verso la casa, come per proteggersi l’una con l’altra. Ho cercato di farle spostare ma si rifiutavano di muoversi da lì. Allora mi sono incuriosito, ho controllato meglio facendo un giro di ispezione, ho visto il sangue e ho scoperto le due capre morte e altre cinque ferite. Non era mai successo prima, non abbiamo nemmeno mai visto il lupo aggirarsi nei dintorni. Abbiamo due cani pastore e uno di loro è molto spaventato, per adesso non vuole uscire dalla sua cuccia. In qualche modo è stato ferito anche lui, forse proprio dal lupo, ma non ne siamo ancora sicuri».

Come reagirete? «Questa sera posizioneremo la rete elettrica per difendere il gregge, anche se c’è già il recinto in legno; non c’è molto altro che possiamo fare. Oggi le capre sembrano stanche, hanno passato una brutta notte. Sono molto sorpreso di quanto successo perché tutto sommato siamo vicini alle case del paese».

Quanto successo a Masi di Cavalese, se la Forestale confermerà che si è trattato di un lupo, è un fatto piuttosto raro. Lasciando Masi troviamo altri pastori, un po’ meno giovani di Mirko. Chiediamo loro cosa ne pensano della notizia e ci confessano di essere davvero sorpresi di quanto successo la notte scorsa, si guardano e non riescono a darsi una spiegazione: «No, qui non abbiamo mai visto niente di simile». Il lupo, che prima sembrava confinato alle alte quote, è arrivato in fondovalle. E niente sarà più come prima.

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