Dolomiti / Il caso

Bolletta del gas da capogiro: conguaglio da 33 mila euro, ma il giudice revoca l'ingiunzione

Il tribunale di Belluno dà ragione a un utente feltrino che per una serie di disguidi e ritardi aveva ricevuto una fattura dopo quasi dieci anni da quella precedente

BELLUNO. Pensava di dover pagare una bolletta da 33,00 euro per gas e luce e quando l'impiegato dell'ufficio postale le ha spiegato che l'importo stampato sulla fattura era di 33 mila euro, la signora ha avuto un mancamento.

Era nata così la vicenda che vede protagonisti da un lato una famiglia di Feltre (Belluno) e dall'altro il gigante Eni gas e luce spa.

Una vicenda risalente al 2017 e poi rimbalzata nelle aule giudiziarie, come riferisce il quotidiano Il Gazzettino.

Assistito dagli avvocati Roberta Resenterra e Liuba D’Agostini, il titolare dell'utenza, figlio della signora che ebbe l'amara sorpresa quel giorno in Posta, aveva infatti deciso di impugnare la bolletta e ora è arrivata la decisione del Tribunale.

Il giudice civile ha revocato il decreto ingiuntivo, dando quindi ragione al cittadino feltrino, che aveva tentato invano di spiegare alla multinazionale che all'origine della bolletta da capogiro c'era una complicazione non causata dall'utente.

Secondo quanto riferito dall'interessato, l'unica concessione della grande azienda era stata una rateizzazione in dieci mesi (pagamenti quindi da 3.300 euro).

Secondo quanto ricostruito, quei supposti 33mila euro riguardavano quasi dieci anni di riscaldamento, un ritardo causato, a quanto pare, dal differimento della lettura del contatore dopo che madre di 75 anni e figlio erano subentrati in quell'appartamento.

In dieci anni non sarebbero mai arrivate fatture, malgrado i solleciti per ottenere la lettura del contatore, oltre alla voltura dato il subentro nell'appartamento.

In questo scenario piuttosto confuso, un anno e mezzo fa l'utente fu raggiunto da un decreto ingiuntivo per 31.164,22 euro più interessi legali e altre spese per 1.286 euro.

I legali dell'uomo hanno sottolineato che «la bolletta a conguaglio, pervenuta all’attore dopo quasi 10 anni dall’ultima bolletta del 2008, azionata con il decreto ingiuntivo era di importo esorbitante e abnorme a causa di ritardi nella fatturazione completamente addebitabili all’ente fornitore, una multinazionale che con l’invio della bolletta di oltre trentamila euro nel maggio del 2017 aveva rischiato di far morire di infarto l’anziana madre convivente».

I due avvocati bellunesi hanno anche ricordato «il dilagante fenomeno delle cosiddette maxi bollette a conguaglio, che ha portato a sanzionare anche Eni Gas e Luce spa da parte di Antitrust a luglio 2018 per la gravità della pratica commerciale scorretta nella fatturazione dei consumi, con maxi conguagli riguardanti periodi di consumo superiori anche a 5 anni (nove anni nel nostro caso qui in esame) e la prescrizione delle bollette».

Per parte sua, la multinazionale ha difeso le proprie ragioni, evidenziando il mancato tentativo di conciliazione e la corrispondenza alla realtà delle cifre richieste.

Nel revocare il decreto ingiuntivo, il giudice, ha sottolineato che a fronte di contestazione delle bollette spetta al fornitore provare «il quantum del bene o del servizio somministrato».

Nello specifico, si afferma nella sentenza, Eni Gas e luce «non ha provato l’effettività dei consumi e la conformità dei corrispettivi applicati a quelli concordati, né il corretto funzionamento del contatore».

Inoltre, sempre secondo il giudice, ci sono rilievi sulle cifre riportate nelle fatture: «Non vi è corrispondenza tra l’importo richiesto con la diffida del 3.7.2019, pari ad € 21178,66, quello azionato in via monitoria, pari ad € 31164,22 e l’importo più elevato indicato nella bolletta di € 33.285,19; non è chiaro, all’esito del giudizio, come siano stati fatturati importi così elevati per un’utenza riferita ad un’abitazione familiare».

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