«Cani Morti plus», Ale Zeni riapre la via sui Lastei con un 8c elettrizzante

di Manuela Crepaz

Qual è la via alpinistica più dura delle Pale di San Martino?

La domanda non è peregrina, ma sorge spontanea dopo l’exploit del forte climber Ale Zeni su Cani Morti lo scorso 26 agosto, 200 metri che arrivano agli 8c lungo il Campanile Basso di Lastei. Il primierotto non è nuovo alle imprese difficili, l’11 gennaio scorso, tanto per citare un esempio, è riuscito in un’impresa che ha della magia: salire una delle placche più dure al mondo e decifrare una linea nuova, pensata, immaginata e sognata per anni, creando un’opera d’arte nella falesia di Saint Loup, in Svizzera: Cryptography. Il risultato è attualmente un 9b, che gli riconferma lo scettro di climber più forte al mondo nell’arrampicata su placca.

Allora, i Cani Morti sono resuscitati, era da anni che non se ne sentiva parlare.
“Infatti. Una via aperta nel lontano 2004 dall’intuizione dell’amico Riccardo Sky Scarian che, assieme a Manolo la scovarono e la liberarono. Nel 2007, il fassano Mario Prinoth riuscì nella prima ripetizione, ma dopo di lui più nulla… Per 13 anni Cani Morti cadde in un silenzioso letargo. In quegli anni non avrei mai pensato di poter salire una via del genere, ma come spesso succede, come una goccia che cade e poi si trasforma pian piano in un fiume impetuoso, la mia esperienza e le mie capacità lentamente migliorarono fino a portami lassù sotto quell’imponente muraglia di roccia. A convincermi ad andare a metterci le mani fu proprio l’amico Sky, ricordo ancora come i suoi occhi brillavano nel raccontare di quell’avventura e di quelle giornate passate a fare lunghi voli nel tentativo di aprire quel difficile obbligatorio di 8a”.

E ha voluto interpretarla a modo suo.
“Esatto. Quando Sky mi parlò di Cani Morti, mi disse anche di quel suo progetto di allora rimasto incompiuto, ossia l’unione del primo tiro di 8b+ con il secondo di 8a/+. Fin da subito trovai quest’idea davvero entusiasmante, un “passa mano” che arrivava direttamente da un grande amico e maestro. Forse anche un po’ per quelle che sono le mie caratteristiche trovai fin da subito quell’obbligatorio molto severo, ma fortunatamente il mio corpo si adattò velocemente a questo stile di scalata fisico e poco congeniale e alla seconda giornata in parete l’idea di unire i primi due tiri diventò un po’ più concreta”.

E come andò?
“Allacciai le scarpette e guardai in alto quei quattro spit del primo tiro. Partii deciso e sentii che qualcosa era cambiato dentro di me, le belle energie di quel giorno affluivano nelle mie vene e senza quasi rendermene conto superai il passaggio obbligatorio e riuscii ad arrivare alla sosta del primo tiro. La felicità era davvero enorme, ma la sfida era tutt’altro che finita perché, come mi ero prefissato, avrei dovuto continuare per la seconda lunghezza. Questo collegamento, come mi disse Sky, era effettivamente qualcosa di davvero molto logico perché arrivati a quella sosta, posizionata in pieno strapiombo, non riesci a recuperare molto e dopo qualche scrollata fui costretto a proseguire, tutt’altro che riposato! Quella continuazione sul secondo tiro di fatto fu una vera lotta alla ghisa che in certi momenti mi fece pensare di non farcela, ma che fortunatamente si concluse nel migliore dei modi. Giunsi in sosta, e con un urlo liberatorio passai la corda di questa incredibile lunghezza. Non mi aspettavo davvero di riuscirci già quel giorno, così davanti a me mi ritrovai a scalare su delle lunghezze che erano pura incognita. Alessandro Bobo Rudatis che era con me da quel momento in poi si rivelò un compagno di cordata davvero eccezionale facendomi da spalla in tutto. Le belle energie che mi trasmise mi permisero di salire pulito e al primo tentativo il tiro successivo di 8a, una lunghezza davvero bellissima e su una roccia verdoniana. Cavalcando l’onda del momento salii euforico i successivi due tiri di 7b e 6c+. Arrivati in cima fredde raffiche di vento sferzavano impetuose lasciandoci giusto il tempo per un “batti cinque” prima di iniziare a fare quella serie di doppie esposte nel vuoto più totale fino alla base della parete. Cani Morti Plus era divenuta realtà”.

E allora possiamo dire che la via più difficile delle Pale di San Martino è la nuova Cani Morti Plus?
“Secondo me, sì. Per dare un’indicazione su questa nuova salita, parlando puramente di difficoltà, penso che collegando il primo tiro di 8b+ con il secondo di 8a+ ne risulti una lunghezza di 8c, come sempre la parola ai volenterosi ripetitori. Ma non è solo una questione di gradi. Spero che la mia esperienza sia di ispirazione un giorno a qualche altro giovane alpinista, ad un’anima che come me in questo momento sia cacciatrice di sogni prima che di gradi e che la passione lo spinga ad incamminarsi fin lassù per vivere a sua volta una bellissima avventura”.

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