Macroregione alpina Ue, aree montane senza rappresentanza

La macroregione alpina, snodo fondamentale della strategia Ue per le politiche montane, potrebbe rivelarsi una fregatura per le comunità che realmente devono affrontare quotidianamente la vita in quota.

di Zenone Sovilla

La macroregione alpina, snodo fondamentale della strategia Ue per le politiche montane, potrebbe rivelarsi una fregatura per le comunità che realmente devono affrontare quotidianamente le difficoltà date dalle particolari condizioni climatiche, orografiche, economiche, demografiche e sociali.

La fregatura è rappresentata dai criteri di rappresentanza che le istituzioni europee adottano per dare voce alle popolazioni alpine e dunque per costruire politiche e canali di finanziamento specifici. Perciò urge l’introduzione di correttivi.

C’è poco da stare tranquilli, infatti, se a parlare a Bruxelles - in nome e, in teoria, anche per conto delle aree alpine - sono enti territoriali che hanno il cervello, il cuore e la pancia nelle grandi pianure metropolitane, vedi Lombardia, Veneto o Baviera.

A porre formalmente la problematica alla commissione Ue è stato nei giorni scorsi il movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard), che ha proprio nell’affrancamento di quell’area alpina dalle politiche venete uno dei suoi obiettivi strategici.

Una delegazione del Bard è stata ricevuta a Bruxelles per un’audizione alla commissione politiche regionali: sul tappeto la questione Eusalp (la strategia macroregionale per l’area alpina che significa anche finanziamento dei fondi strutturali).

«Il nostro obiettivo - spiega il Bard - era illustrare una criticità di fondo nella struttura della strategy, ovvero la mancanza di un differenziale tra aree montane e aree urbane per l’utilizzo dei finanziamenti. Inizialmente, infatti, i confini della macroregione alpina non arrivavano certo alle pianure urbane, ma seguivano quelli dettati dalla Convenzione delle Alpi, il trattato internazionale a tutela del patrimonio ambientale e culturale».

A Jan Mikołaj Dzięciołowski, membro del gabinetto della commissaria Ue Corina Cretu, coordinatrice del progetto, la delegazione bellunese ha proposto, in particolare, l’introduzione nell’ambito dei criteri di attuazione di Eusalp, di un «differenziale montano in base alla quota di altitudine dei territori, che andrebbe a vantaggio evidentemente non solo di Belluno ma di tutte le comunità della catena alpina».

Rispondendo ai rappresentanti del Bard (Paola Paganin, Ivan Minella, Claudia Soppelsa e Verena Giazzon), Dzięciołowski ha confermato che la problematica della sproporzione politica delle aree meno popolate è una costante nel quadro europeo, un nodo che spesso viene affrontato prevedendo la gestione delle policy della Ue in capo direttamente agli enti locali.

Il punto vincente per poter modificare l’assetto in corso dell’Eusalp, ha spiegato, «è produrre a livello transnazionale massa critica sulla problematica delle zone alpine, coinvolgendo quindi territori interessati italiani e stranieri».

Gli Stati partecipanti alla strategia Eusalp sono Slovenia, Austria, Svizzera, Liechtenstein cui si aggiungono le aree alpine di Italia, Germania e Francia. «Ma il perimetro - osservano gli autonomisti - è stato allargato a Regioni intere come Veneto, Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Provenza-Costa Azzurra e Baviera, per citare le più importanti.
Quest’ultime tuttavia, pur essendo gli unici enti interni cui è riconosciuta la potestà  di attuare gli atti Ue, possono vantare un territorio solo in parte montuoso.
Ciò genera un’evidente sproporzione tra numero di abitanti e peso politico fra aree montane e aree urbane, in rapporto addirittura di uno a undici.

Le conseguenze in termini politici sono ancora una volta la compressione degli interessi della montagna a vantaggio delle zone più densamente popolate e più rappresentate a livello Regionale e la gestione dei fondi strutturali da parte di enti diversi dai destinatari».

Nel caso di Belluno, per esempio, parliamo di una minoranza alpina di 200 mila abitanti sottorappresentata (due consiglieri su 50) in una regione di pianura e di mare da oltre cinque milioni.

Alla luce di quanto emerso nella «missione» europea, il movimento bellunese ha deciso di impegnarsi fin da subito per «coinvolgere tutti i partiti territoriali interessati nell’arco alpino per costituire un blocco comune» con l’obiettivo di restituire la voce alle comunità di montagna cui va riconosciuto un ruolo primario nell’interlocuzione con le istituzioni Ue così come nella definizione di politiche adeguate a rispondere ai bisogni specifici di queste aree particolari e delicate.

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