Pesticidi, a Belluno la campagna per un regolamento molto severo

Già qualche tempo fa l'Adige aveva segnalato la campagna «Liberi dai veleni» in corso nel Bellunese per contrastare l'arrivo di aziende agricole intensive da fuori provincia, in particolare dalla zona trevigiana del prosecco

di Zenone Sovilla

Già qualche tempo fa l'Adige aveva segnalato la campagna «Liberi dai veleni» in corso nel Bellunese per contrastare l'arrivo di aziende agricole intensive da fuori provincia, in particolare dalla zona trevigiana del prosecco (ma anche da aree trentine e sudtirolesi delle mele) che cercano terreni per espandere la loro attività economica bastaa su un'agricoltura intensiva. 

La preoccupazione per l'impiego massiccio di pesticidi in un'area alpina finora largamente risparmiata da questo fenomeno ha scatenato una forte reazione popolare e in questi mesi sta accelerando il suo iter un'iniziativa nata un paio d'anni fa, che coinvolge un numero crescente di realtà locali organizzate (e non), per dare una risposta forte a quello che viene stigmatizzato come un processo di colonizzazione favorito dalla decisione della giunta veneta di Luca Zaia che non a caso ha esteso a Belluno la Doc del Prosecco, creando le premesse del tentativo di omologazione in atto. Un tentativo che però sta incontrando una resistenza diffusa, anche negli enti territoriali bellunesi.

A proposito del dibattito e delle polemiche trentine di questi giorni sulle nuove proposte di regolamento del'uso dei pesticidi, varate dalla Provincia autonoma e contestate fra gli altri dal Comitato per il diritto alla salute in Val di Non e pure dal deputato M5SRiccardo Fraccaro,può essere interessante osservare che la campagna in corso a Belluno, che consiste anche in una petizione rivolta all'ente pubblico, ha stilato e sottoposto a tutti i comuni della vicina provincia dolomitica anche una proposta di regolamento di polizia rurale molto stringente e innovativa.

Si tratta, in particolare, di una proposta che rafforza lo scivoloso concetto delle distanze, dei luoghi e degli orari dei trattamenti, andando direttamente al nocciolo della questione, vale a dire al tipo di sostanza utilizzato e al relativo rischio per l'ambiente naturale e per la salute degli esseri viventi.

Così, al punto uno del comma riguardante le prescrizioni per i trattamenti fito sanitari si legge fra l'altro: «È sempre vietato l'impiego di prodotti fitosanitari classificati come molto tossici (T+) o tossici o che riportano in etichetta le frasi di rischio da R20 a R28, R36, R37, R38, R40, R41, R42, R43, R45, R48, R60, R61, R62, R63, R64, R68...» (si vede in allegato uno stralcio più ampio della bozza di regolamento).

In sostanza l'idea guida dell'iniziativa è orientare il modello agricolo in quest'area alpina verso il protocollo biologico, creando così una sinergia con un'iniziativa avviata dal Parco nazionale delel Dolomiti bellunesi per trasformare l'intera provincia in un biodistretto. Una proposta già formalizzata e sottoposta ai Comuni, alcuni dei quali hanno già deliberato in proposito. Altri, com'era prevedibile, stano invece tergiversando o confondendo le carte in tavola, forse su pressione di qualche organizzazione agricola timorosa.

Ma la questione è aperta e in ogni caso sta producendo interessanti effetti sia per quanto riguarda il confronto fra operatori del settore (non va dimenticato che il biologico può assicurare maggiore redditività ai contadini e continua a crescere malgrado la crisi economica) sia sul piano della conoscenza diffusa nella società di queste problematiche.

Per tornare ai pesticidi, ora il regolamento proposto da Liberi dai veleni è all'attenzione delle municipalità alcune delle quali avrebbero già manifestato l'intenzione di adottarlo. L'obiettivo dei promotori è arrivare a una condivisione a livello provinciale, in modo da dare una risposta massiccia a che arriva nel Bellunese con l'intenzione di replicare modelli che già nelle province vicine hanno mostrato pesanti criticità.

In proposito, gli attivisti segnalano che grazie alla campagna di informazione sui rischi dell'agricoltura intensiva, si registrano i primi casi di proprietari di terreni che respingono le offerte avanzate da agenzie trevigiane (per affittare aree da destinare a vigneto).

Le aziende del prosecco, oltretutto, sottolineano ancora i promotori di Liberi dai veleni, «pare abbiano deciso di espandersi a Belluno probabilmente più che altro per accrescere il ritorno economico in termini di contributi regionali...».

ESTRATTO DELLA BOZZA DI REGOLAMENTO PROPOSTO DA LIBERI DAI VELENI

[ladige_embed_file type="pdf"]544846[/ladige_embed_file]

 

 

comments powered by Disqus