Belluno al voto sull'Euregio Panizza: segnale importante

«La mozione presentata dal consigliere provinciale Moreno Broccon (Bard) relativa all’adesione della Provincia di Belluno, in qualità di socio osservatore, al Gect Tirolo, Alto Adige, Trentino, rappresenta un segnale importante nel campo della collaborazione fra territori alpini e di una maggiore autonomia degli stessi»

di Zenone Sovilla

«La mozione presentata dal consigliere provinciale Moreno Broccon (Bard) relativa all’adesione della Provincia di Belluno, in qualità di socio osservatore, al Gect Tirolo, Alto Adige, Trentino, rappresenta un segnale importante nel campo della collaborazione fra territori alpini e di una maggiore autonomia degli stessi».

Così il senatore trentino e segretario del Patt Franco Panizza accoglie l’iniziativa dell’esponente autonomista bellunese sulla quale il consiglio della vicina provincia dolomitica si è confrontato questa sera, per poi disporre un rinvio di sei mesi per approfondire la materia; nel frattermpo anche lo status dell'ente territoriale dovrebbe uscire dalla situazione attuale, ancora densa di incognite.

«Ci siamo trovati più volte, in particolare con gli amici del Bard, a ragionare su possibili strategie comuni per rivitalizzare la montagna, fermarne lo spopolamento e rilanciarla da un punto di vista economico, turistico e culturale e abbiamo sempre convenuto che l’unica strada è quella della collaborazione su più livelli: locale, nazionale ed europeo», prosegue Panizza.

A caldeggiare un primo avvicinamento del Bellunese, in vista di un’adesione formale all’Euregio, era stato nell’autunno scorso anche il Pd del Trentino, con una mozione che portava come prima firma quella del consigliere perginese Luca Zeni.

Alla fine della scorsa legislatura era stato invece l’intero centrosinistra autonomista regionale a esprimersi per l’allargamento del Gect a Belluno, riunendo così l’intera area dolomitica, che condivide problematiche simili ma è caratterizzata da una pesante asimmetria istituzionale. La presa di posizione era contenuta nel ddl sul varo di una Convenzione come strumento per coinvolgere direttamente le forze sociali nella scrittura del nuovo Statuto di autonomia.

Nel frattempo, il Bard, il movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti, che da anni tesse rapporti trasversali in questo fazzoletto alpino, aveva siglato un’intesa con la Svp assicurando il suo sostegno all’europarlamentare uscente Herbert Dorfmann, che nel voto del maggio scorso ha raccolto oltre seimila preferenze, con il suo partito volato quasi al 10%.

Sulle manovre di avvicinamento all’Euregio si esprime con cautela Daniela Larese Filon, la presidente della Provincia (ordinaria) di Belluno, ente rinato tre mesi fa in versione ridotta e non elettiva, dopo la riforma varata dal governo Renzi.

La esponente del centrosinistra, sindaco di Auronzo di Cadore e in passato assessore provinciale, interpellata dall’Adige, sottolinea il momento «molto delicato» vissuto dall’ente bellunese, nell’attesa (finora vana) che la giunta veneta applichi la legge dell’agosto scorso che stabilisce il trasferimento a Belluno di una serie di competenze importanti, quali turismo, agricoltura, attività produttive, energia, relazioni transfrontaliere, minoranze linguistiche (ladine e germanofone).

«Siamo assolutamente a favore della cooperazione transfrontaliera e ne abbiamo già una profonda esperienza nell’ambito dell’Interreg IV che ci vede da anni collaborare in progetti comuni con Alto Adige, Friuli e diversi Länder austriaci. La questione, allo stato attuale, è che la nostra Provincia non ha ancora certezze sul futuro, il che a mio modo di vedere rappresenta un limite di un’eventuale presenza nell’Euregio, anche perché in realtà non mi risulta che sia possibile aderire con il semplice status di osservatore.

Al momento la mia priorità è potermi sedere finalmente al tavolo della trattativa con la Regione Veneto e ottenere entro febbraio il trasferimento delle deleghe come previsto dalla legge dell’8 agosto scorso, che dava a Venezia sei mesi di tempo per attuare la forma di autogoverno bellunese prevista dallo Statuto».

Ma pochi giorni fa il presidente veneto Luca Zaia vi ha mandato a dire, a mezzo stampa, che non ci sono i soldi per dar corso a questa autonomia...

«Siamo nel mezzo di una transizione, noto parecchie incongruenze e poca chiarezza. Mi batterò con forza per l’applicazione della legge e affinché le competenze che ci spettano siano supportate dai relativi finanziamenti. Si tratta semplicemente di un trasferimento dalla Provincia alla Regione, non stiamo chiedendo nulla in più di quanto previsto dalle norme vigenti.
Nel frattempo mi aspetto uno scatti dai parlamentari sensibili alle nostre problematiche, criticità che si traducono anche nello spopolamento progressivo di diverse vallate dolomitiche. Per poter adottare politiche adeguate ai suoi bisogni, la montagna ha bisogno di un regime istituzionale differenziato che può essere su base regionale ma che necessita anche di un preciso ancoraggio legislativo nazionale. La stessa riforma delle province ordinarie prevede per le tre interamente montane, fra cui Belluno, il mantenimento di competenze importanto, come strade e scuole: va benissimo, ma ricordiamoci che si tratta di settori che richiedono investimenti significativi».

La Provincia di Belluno, sulla base della cosiddetta «riforma Delrio» (l’ex ministro e oggi sottosegretario), nell’ottobre scorso è ripartita dopo quasi tre anni di commissariamento in attesa delle nuove norme che infine hanno sottratto ai cittadini la facoltà di eleggere consiglieri e presidente.
A scegliere gli organismi sono, invece, gli eletti nei consigli comunali, operazione che ha visto in sostanza i partiti accordarsi sulla rappresentanza: nel caso del Bellunese, terra in maggioranza di centrosinistra, l’idea era di dare voce alle principali vallate, nella ricerca di un equilibrio geografico cui, al momento, non sembra corrispondere un progetto politico condiviso.

Dissonante, rispetto a questo disegno a tavolino è stata l’elezione nel consiglio provinciale di un esponente del Bard, frutto della scelta di insidiare la logica della lista unica nata dal’intesa fra il centrosinistra (in maggioranza) e il centrodestra i cui tre-quattro membri dell'assemblea sarebbero i più freddi nei riguardi della «operazione Euregio».

«Interpreto questo rinvio - commenta Broccon - come un segnale di debolezza di un ente che non riesce a dotarsi di visioni forti e del necessario coraggio politico. Mi auguro che ora si voglia approfondire la riflessione e prendere decisioni forti su questo e su altri temi importanti per il futuro delle nostre comunità alpine».

Nell’attesa di comprendere quale sia la strategia dell’ente provinciale affidato a un personale politico già parecchio impegnato altrove (nei municipi di appartenenza), vanno registrate sullo sfondo (e talvolta in primo piano) le manovre preliminari in vista della campagna elettorale regionale di primavera.

L’accoglienza tiepida alla mozione sull’Euregio potrebbe spiegarsi anche in quest’ottica, con centrosinistra (provinciale e nazionale) e centrodestra (regionale) che soffrono la «concorrenza» politica e l'attivismo del movimento autonomista.

Oltretutto diverse figure di primo piano del Bard sono ex del Pd, partito di governo nei centri principali della provincia, al quale gli autonomisti bellunesi imputano una grave responsabilità in relazione a una riforma delle Province che non ha introdotto quell’atteso regime differenziato, quella forma di autonomia cui quest’area dolomitica aspira da decenni arrivando anche a mobilitazioni di forte significato politico. Fra queste ultime, la raccolta di firme e il voto favorevole (quasi unanime) del consiglio quattro anni fa per un referendum provinciale sul passaggio di Belluno al Trentino Alto Adige (consultazione poi bloccata da una contestata sentenza della Corte di cassazione).

La temperatura della polemica politica negli ultimi mesi è salita parecchio, con gli autonomisti che accusano i partiti, Pd renziano in testa ma anche il centrodestra, di aver progressivamente indebolito le istituzioni democratiche del territorio producendo un arretramento sostanziale degli strumenti di autogoverno, malgrado a parole (e leggi regionali) si dica il contrario.
Può darsi che in questa fase di fibrillazione, nelle stanze dei partiti non si voglia lasciar piantare la bandierina dell’Euregio a quei «guastafeste» del Bard.

In assenza di novità rilevanti da Venezia o da Roma, in fatto di autonomia, è prevedibile che nei prossimi mesi il tono del confronto politico registri un nuovo balzo, anche perché il Bard ha annunciato che scenderà in campo alla regionali, il che porterà al centro la questione dell’autogoverno e delle sue ricadute sulla vita quotidiana e sul modello sociale in quesa zona alpina.

Uno scenario nel quale rischiano di appannarsi la generica promessa di «forme di autonomia possibili e non impossibili», formulata pochi giorni fa a Belluno dalla candidata del centrosinistra Alessandra Moretti (grande supporter delle riforme renziane), così come l’impegno normativo disatteso dal governatore Luca Zaia che ora se la cava mandando a dire ai montanari che «mancano i soldi, colpa di Roma».

Per parte sua, il Bard, replica che l’autonomia non è solo risorse finanziarie ma anche facoltà normativa per rispondere alle esigenze specifiche del territorio: «Il governo ha le sue colpe ma le competenze con le risorse previste dalle ultime leggi regionali per la Provincia di Belluno devono esserci trasferite senza ulteriori rinvii. La Regione Veneto faccia la sua parte attuando quanto sancito per legge. Dimostri di avere il coraggio di agire concretamente al centralismo romano».

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