Chiara: dalla sedia a rotelle alla hand mountain-bike «La mia autonomia è vita»

di Elena Piva

Dopo le avventure in parapendio, le guide e la barca a vela, Chiara Soma ha mostrato nuovamente quanto la forza di volontà e la preparazione fisica possano portare alle vette sognate. La ventinovenne arcense, in sedia a rotelle dopo un sinistro stradale, ha percorso le ciclabili del monte Brione e della Ponale in sella a una particolare hand mountain-bike adattata a percorrere anche i sentieri sterrati.

Cosa significa tornare in sella?

«Significa tornare a respirare. Sono molto contenta, andare in bici era lo sport che più mi faceva stare bene prima di farmi male. A sei mesi dall’incidente, tre anni e mezzo fa, avevo tentato. Ho desistito a malincuore, rimanendoci parecchio male. Spingere con le braccia, non strutturate a portare a spasso il resto del corpo, è totalmente diverso dal pedalare. La fatica non mi spaventa, ma macinare chilometri per essere performante non è il mio obiettivo, nulla naturalmente togliere a chi ama questo».

A distanza di tempo, cos’è cambiato?

«Ho scoperto che si stanno diffondendo le hand mountain-bike attrezzate per affrontare sentieri sterrati e montani, desidero stare a contatto con la natura e potermi arrangiare. La bici che sto utilizzando non è a tutti gli effetti una hand mountain bike, ma un adattamento di quella che nasce come bici da corsa. Mi è stata prestata dal Gruppo Sportivo Periscopio, partendo da casa mia ad Arco sono arrivata al lago di Cavedine, al lago di Tenno, sul sentiero della Ponale e a Laghel. Parlarne attraverso i canali di informazione significa dimostrare che se lo faccio io possono farlo tutti».

Hai praticato altri sport?

«Con la cooperativa sociale “Arché” ho avviato un percorso per utilizzare barche a vela particolari, le Hansa 303. Lo scopo a medio-lungo termine è rendermi autonoma così da tenere delle lezioni a persone che vorrebbero avvicinarsi a questo sport, per persone disabili e non».

È importante appoggiarsi a una associazione?

«Sì, far conoscere quanto le associazioni permettano di fare sport in maniera gratuita è fondamentale. Ho conosciuto la hand mountain-bike con Andrea Facchinelli, uno dei soci fondatori di “Astrid onlus”, signore paraplegico che abita sull’Altopiano della Vigolana e ha adattato tale bici ai sentieri sterrati. Credevo che questa opportunità mi fosse preclusa, invece si è aperto un nuovo mondo».

Cosa rappresenta vivere per te, Chiara?

«Vita per me è avere un lavoro, una casa in autonomia, fare sport e tante altre sfaccettature. La bici è un hobby che appartiene al mio modo di essere, mi permette di stare bene emotivamente e mentalmente. Non è per me totalizzante, mentre lo può essere per altre persone. Se hai una carrozzina, con le attività per cui non hai dimestichezza devi pensare al trasferimento, come salgo su quell’attrezzo dalla carrozzina e viceversa? So scendere dalla carrozzina e mettermi sulla bici, ma non sono ancora in grado di fare il contrario».

Quali sono i tuoi prossimi propositi con la bici?

«Non sono un’agonista e non lo sono mai stata. In Busa non ho mai visto queste bici. Il nostro territorio è la patria dei sentieri che ti portano nel giro di un’ora ad ammirare panorami splendidi. Ognuno pratica lo sport come meglio crede, ma non dobbiamo essere Zanardi o Bebe Vio per sentirci realizzati nella vita».

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