«Subito il referendum per il Comune unico dell'Alto Garda»

«Quanto prima un referendum per un Comune unico per tutto l’Alto Garda, per diventare il secondo Comune del Trentino»: ecco cosa propongono, uniti per la prima volta, buona parte dei consiglieri comunali di opposizione di Arco, Riva del Garda, Nago Torbole e Dro, Lorenza Colò, Cinzia Lucin, Andrea Matteotti, Roberto Matteotti, Mauro Ottobre, Johnny Perugini, Andrea Ravagni, Giovanni Rullo, Alvaro Tavernini, Bruna Todeschi e Eraldo Tonelli.

«Alla luce dei recenti articoli e dichiarazioni di alcuni sindaci dei comuni del Basso Sarca, la proposta di creare finalmente un comune unico rappresentativo dell’intero Alto Garda non è poi così distante dal diventare realtà concreta».

Ed elencano una serie di fattori che favorirebbe questo scenario: «Dal sindaco di Drena che fin dall’insospettabile 2014 apre ad Arco e ancora oggi non rinnega l’ipotesi, così come tutta la sua minoranza consigliare. C’è la mozione presentata dai consiglieri di Arco del Movimento 5 stelle e votata all’unanimità dal consiglio comunale il 18 settembre 2017 in tal senso. Il risultato del referendum di fusione di Dro e Drena del 22 maggio 2016 che ha visto bocciato il quesito dall’astensionismo, ovvero dalla non partecipazione dei cittadini, è un chiaro messaggio della reale mancanza di volontà di unificare i due Comuni. Diverso è stato il pensiero quando i consiglieri di Dro del Movimento 5 Stelle chiedevano la sottoscrizione per un Comune allargato su Arco».

Da mesi alcuni consiglieri di minoranza si sono mossi per avviare il processo e il dialogo con i vari sindaci. «La fusione dei Comuni, se gestita in maniera intelligente e pratica, diventa un punto di forza per tutta la comunità. Pensate all’unione dei soli comuni di Arco, Drena e Dro che porterebbe a un Comune unico di circa 23.000 abitanti. Questo comporta inevitabilmente una forza economica e a livello politico locale e provinciale (si pensi alle 12.000 firme raccolte per il Punto Nascite di Arco rimaste inascoltate. Un comune unico avrebbe la forza per ottenere il suo ospedale e tutti quei servizi medico/sanitari che dovrebbero essere garantiti a prescindere), risparmio dei costi di gestione, ottimizzazione dei servizi presenti; avremmo direttive univoche in vari settori, raccolta rifiuti o polizia locale. Quindi basta confusione e ritardi, più coordinazione invece. Se poi tutti e 6 i comuni si unissero, com’è auspicabile e sciocco non fare, avremmo un totale di 50.000 abitanti, vuol dire diventare il secondo comune in Trentino e il primo per Pil».

Per il gruppo di consiglieri non sarebbe «nemmeno vero che l’unione dei comuni comporterebbe una perdita di autonomia o dignità, semmai l’esatto contrario». Quindi secondo i proponenti: «I tempi sono maturi. Le esperienze di precedenti fusioni possono solo insegnarci cosa evitare e dove migliorare. Chi non vorrà approfittare di questa occasione, libero di rimanere al palo, o di unirsi in un secondo tempo. A ognuno la propria scelta, purché condivisa con la cittadinanza. Questo pensiamo, sia in definitiva il senso di quanto il sindaco Betta ha recentemente riaffermato. Ora due sono le strade percorribili:  la proposta di referendum da parte dei consigli comunali o da parte di un comitato di cittadini».

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