Le palafitte di Molina a Firenze e Salisburgo

di Davide Pivetti

Nell’anno europeo del patrimonio culturale, le palafitte di Ledro sono diventate delle piccole star internazionali con una doppia presenza ad appuntamenti di valenza mondiale.

Nel fine settimana erano presenti, assieme alle “cugine” di Fiavé, a «TourismA - Salone dell’archeologia e del turismo culturale» di Firenze.

L’iniziativa congiunta della Soprintendenza della Provincia e del MUSE segue di qualche settimana la partecipazione alla fiera biennale «Monumento» a Salisburgo, interamente dedicata al patrimonio e ai beni culturali con la presenza di 150 espositori fra i quali enti pubblici, istituzioni culturali e aziende specializzate nel campo del restauro e della conservazione dei beni archeologici, architettonici, storici e archivistici. Il riconoscimento ufficiale dell’importanza di questi due siti trentini è giunto con l’inclusione nel 2011 nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO dei «siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino» assieme ad altri 109 siti.

Lo stand di Firenze è curato dal Servizio valorizzazione ambientale e riprende la suggestione della “selva di pali” apparsa agli archeologi che hanno effettuato le prime ricerche sui siti palafitticoli.

L’abitato palafitticolo di Molina è comparso in seguito al forte abbassamento delle acque dovuto alla costruzione della Centrale idroelettrica del Ponale. Nel 1929 Ettore Ghislanzoni eseguì le prime indagini su un’area di cinquecento metri quadrati formulando l’ipotesi che si trattasse dei resti di una palafitta a terra o “bonifica”.

Successivamente, l’ulteriore forte abbassamento del livello lacustre che si verificò nell’inverno 1936-37 permise a Raffaello Battaglia di ampliare la superficie di scavo a quattromiladuecento metri quadrati, portando alla luce oltre diecimila pali. Altre ricerche sono state condotte tra il 1957 e il 1967 e tra il 1980 e il 1983.

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