Giorgia Corradini appende le ginocchiere al chiodo

di Davide Iiriti

Da sabato scorso la maglia numero 6 della prima squadra del C9 femminile non avrà più alcun proprietario, sì proprio come la 10 di Maradona a Napoli o la 24 di Kobe Bryant ai Lakers. Una scelta importante ma quanto mai doverosa perché quella maglia numero 6 in questi ultimi anni è stata indossata da una delle atlete simbolo del club. Giorgia Corradini (nella foto portata in trionfo dalle compagne), infatti, con il C9 è nata, è cresciuta, è andata via ma poi è anche tornata. Una seconda pelle. Dopo una vita trascorsa in palestra, dai primi palleggi fatti con il minivolley nel lontano 2005 all’ultimo effettuato sabato scorso. Perché sì, capitan Corradini ha deciso di appendere le ginocchiere al chiodo.

«La pallavolo è la mia vita, lo è sempre stato e l’ho messa sempre davanti a tutto e tutti. - commenta Giorgia -. Ora, a 30 anni, ho deciso di prendermi un po’ di tempo per me e dedicare più tempo alla famiglia e magari perché no, farne una mia. Sarà difficile rinunciare alle emozioni che mi dato la pallavolo ma è un sacrificio che devo a chi mi vuole bene e mi ha sempre sostenuto fino a qua».

Una carriera incredibile fatta per la maggior parte di volte di successi in giro per tutto il triveneto. Due campionati vinti e l’etichetta data da molti di una delle palleggiatrici più forti in regione.

«Ho avuto una carriera di cui vado fortemente fiera e non ho alcun rimpianto. Sono cresciuta al C9 disputando tutte le sue trafile e dopo tante stagioni di Serie C ho avuto l’occasione di andare a crescere all’Ata Trento in serie B. Due anni favolosi quelli di Trento dove ho centrato la promozione in B1 e giocato contro atlete come Manuela Secolo. Sono poi tornata a casa, nel mio C9 per aiutarlo a fare il salto di categoria. Quattro anni in serie B tra la mia gente di cui tre giocati al vertice ma anche quest’ultima annata, terminata con l’amaro in bocca, mi ha dato molto sia come atleta che come persona».

In pochi tengono al C9 come lei, per il bene del suo C9 cosa pensi sia meglio adesso?

«Per quanto faccia male la retrocessione penso che per la nostra società debba essere un punto di ripartenza: abbiamo dei buoni gruppi a partire dalle annate 2003/2004. Sarebbe bello riconquistare la categoria con le nostre forze, ma bisogna dare tempo alle ragazze per crescere senza assolutamente mettere fretta».

Cosa è il C9 per lei?

«Il C9 è parte della mia storia, è una seconda famiglia e la famiglia non si lascia mai. Hanno pure deciso di ritirare la mia maglia numero 6: un onore enorme.»

La famiglia non si lascia mai, continuerà ad aiutare la società?

«Sicuramente, rimarrò in società come allenatrice. Continuerò a passare la mia energia alle piccole “cinovine”».

Facendo un remake della sua carriera, il momento suo più bello?

«La promozione dalla Serie C alla Serie B2 fatta con il mio C9 arrivata con una stagione perfetta in cui abbiamo vinto tutto quello che c’era da vincere e centrando lo storico poker (vittoria di Coppa TNAA, campionato, Coppa Triveneto e Coppa delle Alpi) occupa sicuramente il primo posto. Difficile da scordare ammetto essere anche la promozione dalla serie B2 alla serie B1 con l’Ata: entusiasmante la sfida dei quarti di finale vinti ai vantaggi contro Novara! A livello personale l’aver vinto il premio di miglior giocatrice alla Coppa delle Alpi mi ha riempito di gioia ma lasciatemelo dire, vincere un derby contro il Lagaris realizzando l’ultimo punto della sfida con un bagher ha davvero pochi eguali come goduria».

Siamo arrivati ai ringraziamenti.

«A tutti quelli che mi hanno sostenuto e incoraggiato (società, allenatori, compagne, pubblico, atlete, famiglia), a chi mi ha spinto a dare il meglio e cercare sempre di migliorarmi. A chi era dall’altra parte della rete, alle avversarie, a chi mi ha sfidato facendomi dare sempre quel qualcosa in più che ad una non tanto talentuosa come me ha permesso di giocare nella terza categoria nazionale. A tutti, nessuno escluso dico grazie, grazie di cuore».

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