#iorestoacasa: Letizia Paternoster «Sogno una notte

di Giorgio Lacchin

«Sono un po’ una lucertolona».

Ti piace il caldo, Letizia?

«Altroché!».

Sei a casa?

«A Riva del Garda, sì. L’ho comprata un anno fa».

Soddisfatta?

«Un sacco. Il mio primo acquisto! Non vedo il lago ma ho il poggiolo e l’appartamento è bello, grande».

Grande quanto?

«Centoventicinque metri quadrati».

Puoi metter su famiglia!

«Adesso no... Sarebbe un bel problema!».

...perché c’è da vincere tantissimo nel ciclismo. Letizia Paternoster ha già conseguito risultati straordinari ma ha solo vent’anni e può fare la storia in questo sport. A livello giovanile non aveva avversarie (una decina di medaglie d’oro, nella pista, tra Mondiali ed Europei) e a livello assoluto ha già avvisato tutti (2 argenti e 3 bronzi mondiali).

Adesso no, Letizia, ma un domani?

«Un domani sì. Tengo molto ai valori della famiglia. Ne voglio una tutta mia, e voglio dei bimbi».

...da mettere subito sulla bicicletta.

«Ci penseranno i nonni, casomai. Io non voglio spingerli. Se succede, okay, sennò non è un problema».

Sei fidanzata?

«Libera».

Sei giovanissima, c’è tempo. Ora è il tempo del ciclismo.

«Vivo da sola, e in queste settimane di quarantena faccio due o tre sedute di allenamento al giorno. Ma la mattina, dopo la colazione, studio».

Cosa studi?

«A settembre comincerò l’università: Scienze politiche alla Luiss, a Roma. Mi hanno dato una borsa di studio: una delle più belle soddisfazioni della mia vita. Pensavo non ce l’avrei mai fatta».

E perché?

«Lo vedevo difficile... Adesso, invece, l’idea di potermi laureare mi esalta».

Allora la farai seriamente.

«Mi è stata offerta una grande opportunità e non voglio perderla: anche per dimostrare a tutti quelli che non credono nelle proprie possibilità che ci si può riuscire. Sempre».

Basta mettercela tutta.

«Nella vita se vuoi raggiungere un traguardo - se lo vuoi veramente - lo raggiungi. Nello sport come nella scuola. E il ciclismo, a questo proposito, mi ha insegnato tanto».

Il ciclismo ti sta dando tanto, ma ti chiede, anche, tanto.

«Impegno, sacrificio, determinazione. Il talento aiuta ma non basta: io ci metto meno di altre ragazze a raggiungere certi traguardi, ma ai massimi livelli arriva chi ci mette più testa».

Anche vivere da soli è un sacrificio.

«Mi manca tanto la mia famiglia».

Loro stanno a Revò.

«Non escludo di tornarci, a fine carriera. In famiglia siamo in quattro e quella è la mia terra: la val di Non. Mi mancano i pranzi e le cene tutti assieme: tante volte facevamo dei cenoni fantastici, venivano anche gli zii, e ridevamo un sacco».

Invece adesso c’è la quarantena.

«La sto odiando».

Davvero?

«Non mi aspettavo che fosse così lunga. All’inizio pensavo: vabbè, almeno riposo un pochino... vedrai che saranno sette o otto giorni al massimo...».

Magari!

«Avevo deciso, insomma, di tornare a Revò per trascorrerla con i miei, ma quando ho capito l’andazzo mi sono fiondata a Riva perché è qui che ho attrezzato la mia palestra; in questo appartamento. E comunque sta cominciando a pesarmi».

Però si comincia a intravvedere una luce in fondo al tunnel.

«Da sola sono stata sempre bene, ma così è troppo. L’unica compagnia è il telefono».

Lunghe telefonate?

«Ogni mattina faccio colazione con la mamma: piazzo il telefono sul tavolo e parte la videochiamata. Le colazioni più lunghe della mia vita!».

Attenta alla linea...

«No no! sto attenta».

Vabbè che hanno rinviato le Olimpiadi all’anno prossimo...

«Quando l’hanno deciso ho pensato no! non è possibile! A febbraio ero già “sintonizzata” su Tokyo, capisci? Mi svegliavo con quel pensiero in testa... sfruttavo ogni minuto della giornata...».

È stata dura.

«Poi, però, ci ho pensato su: stai calma, mi sono detta, porta pazienza.  Un anno passa velocemente e può esserci anche un guadagno: negli ultimi 12 mesi ho fatto progressi pazzeschi dal punto di vista della forza e della resistenza, e con altri 12 chissà dove posso arrivare».

Esatto.

«È emerso il mio lato razionale: una parte piccina di me stessa, in effetti, perché io sono istinto puro».

E l’istinto cosa ti dice: strada o pista nel tuo futuro?

«Non mollo la pista ma il grande obiettivo sono le gare su strada».

Anche se finora le vittorie più belle sono arrivate nei velodromi.

«Perché c’è bisogno di più tempo per imporsi su strada. Ma su quel terreno sono andata sempre bene: un anno vinsi 15 corse, ai Mondiali junior sono arrivata terza, e anche alla Gand-Wevelgem dell’anno scorso sono arrivata terza, con tutte le big al via».

Sul podio a 19 anni in una “classica del Nord”! Quel giorno sei stata incredibile.

«Centosessanta chilometri con tutti i “muri” da scalare: lo stesso percorso della Gand-Wevelgem degli uomini, solo un po’ accorciato. Ma le mie caratteristiche - come dicevo - sono da stradista più che da pistard , tanto è vero che in pista vado meglio nelle prove dove conta la resistenza».

Letizia, in queste settimane di emergenza hai avuto paura?

«Impossibile non averne. Ho avuto paura soprattutto per la mia famiglia: il pensiero che possa succederle qualcosa è l’unico che può mandarmi in crisi. Mi reputo una persona molto forte, difficile da abbattere: il mio punto debole sono loro».

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#iorestoacasa: Letizia Paternoster


Anche il punto di forza, allora.

«Vero. Se qualcosa non va, le loro parole contano. Come pure quelle di Dario Broccardo».

Il tuo direttore sportivo.

«Dario è più di questo. Con lui parlo di tutto. Dario è fondamentale: un punto fermo. L’unica persona, oltre ai miei, di cui mi fidi al cento per cento. L’unico che riesca ad alzare la mia autostima. Dario mi ha insegnato tante cose: ero disordinata e non mi allenavo con l’intensità giusta, e lui mi ha migliorata».

Letizia, la prima cosa che farai quando l’emergenza sarà finita.

«Tornerò a Revò ad abbracciare papà e mamma, poi farò una bella pedalata: non ho mai amato gli allenamenti lunghi ma penso che d’ora in poi apprezzerò anche quelli!».

Brava!

«Starò ore in bici! Ma sogno anche un’altra cosa».

Forza.

«Sogno di prendere il sacco a pelo e andare a dormire in riva al lago. E non è detto che non lo faccia».

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