Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi La finalissima: Dallapè vs Bettega Votate il vostro atleta del cuore

La finalissima conquistare la corona di “Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi” è tra la tuffatrice Francesca Dallapé e la leggenda del rally Attilio Bettega.

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Francesca Dallapé. 

Donne alla riscossa, nel concorso del nostro giornale che eleggerà quello che i nostri lettori ritengono essere il miglior sportivo trentino di tutti i tempi. Pur non essendo molte ai nastri di partenza, infatti, le donne si sono destreggiate bene nei primi turni ma poi sono state travolte dall’onda d’urto del maggior numero di atleti uomini. Tutte tranne una, una che con le acque se la vede tutti i giorni: la tuffatrice Francesca Dallapé.
E’ lei infatti la prima finalista del nostro concorso dopo che è riuscita ad aver la meglio su un altro agguerritissimo concorrente, quel Davide Magnini - specialista dello sci aplinismo - capace di mettere in fila atleti del calibro di Matteo Trentin, Lorenzo Bernardi, Davide Simoncelli e Sara Trentini.
Testarda e determinata come è nel suo carattere, Francesca Dallapé ha tirato fuori gli artigli ed ha ottenuto 1.851 voti (il 52,7%) contro i 1.663 di Davide Magnini (47,3%) conquistando così una finale che - in quel lato del tabellone - molti pensavano fosse facile preda di Lorenzo Bernardi, eletto nel 2001 Pallavolista del Secolo da una specializzata giuria internazionale. Non è andata così.
Dallapé è così la prima finalista e in certo senso il suo risultato è in linea con l’immagine sempre sorridente, grintosa e vincente che ha saputo proiettare grazie a risultati di primissimo piano: come è noto, in coppia con l’altoatesina Tania Cagnotto ha rappresentato una delle più belle realtà italiane a livello europeo, mondiale e pure olimpico. Una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016, otto medaglie d’oro agli europei, altri due argenti ai mondiali sono un bottino invidiabile. E forse proprio la prima medaglia d’argento iridata, conquistata nel 2009 a Roma rappresenta uno dei capitoli più importanti nella carriera di Francesca Dallapè. «Sì, quella gara di Roma è stata la più magica di tutte e la porterò sempre nel cuore - ha raccontato la tuffatrice -. La tensone si è fatta sentire ma dall’altra ero carica e volevo fare bene per non deludere le tantissime persone in tribuna che facevano il tifo per me: è stato bellissimo, una scarica di adrenalina pazzesca dopo ogni tuffo».
Venendo al concorso, nel suo cammino verso l’ultimo atto, Francesca Dallapè non ha mai avuto rivali. Ha battuto con un perentorio 86,7% il fighter Marvin Vettori al primo turno, poi lo specialista in sci orientamento Nicolò Corradini (59,7% dei voti), dunque il mezzofondista Yeman Crippa (57,3%) e ai quarti il ciclista Maurizio Fondriest con il 58,8% dei consensi. Ora quest’ultimo successo, in semifinale, un po’ più risicato ma pur sempre consistente, visti i quasi 200 voti di scarto finali.

Così la tuffatrice è pronta a dar battaglia fino all’ultimo anche in finale, riponendo per un attimo il suo sorriso per far posto a tutta la sua grinta sportiva per chiamare a raccolta i suoi tifosi e, come diceva qualche giorno fa la sua allenatrice Giuliana Aor, per compattare il voto femminile.


 

Attilio Bettega. 

Com’è possibile che Attilio Bettega, scomparso 35 anni fa, sia così fortemente radicato nei cuori di amici e tifosi? Abbiamo raccolto alcune voci e tutte raccontano che era uomo stimato, antidivo, generoso e riservato, ma soprattutto velocissimo al volante di qualsiasi mezzo con il quale abbia gareggiato. La sua storia inizia nel 1969, quando sulle pagine del settimanale Auto Italiana nella rubrica «Chiedetelo al Campione», venne pubblicata una domanda rivolta a Sandro Munari dal sedicenne Attilio Bettega da Molveno. «Vorrei mi spiegasse come lei entra in un tornante a seconda che esso sia asfaltato, innevato o in terra battuta e, di conseguenza, come lo percorre e come ne esce». Le sue imprese le conosciamo tutti, ma l’uomo com’era? «Non aveva nemici ed era schivo, - racconta Marco Avi - timido e di poche parole, ma immediatamente disponibile a trasmettere la sua tecnica di guida. Spiegava a novelli piloti i trucchi del mestiere. Ricordo che accennai ad un problema sulla mia Renault da gara ed Attilio si fermò a parlare con i tecnici di Renault France. Pochi giorni dopo arrivarono i pezzi. Non l’avevo chiesto, ma lui era così. Una sera, ci raccontò del contratto offerto da Cesare Fiorio. Una cifra scritta su un pacchetto di sigarette. Poi, la stretta di mano che valeva più d’una firma. Tuttora, quando ci si trova con gli amici d’allora, Attilio è con noi. Si crea un clima particolare, condito di aneddoti. Sicuramente ha lasciato un segno indelebile. Ha insegnato cos’è l’amicizia, quella vera».

La sua carriera ebbe inizio nel 1972 con una Fiat 128 coupé di famiglia e l’anno seguente conquista il titolo Triveneto. Nel 1977 domina il primo trofeo A 112 Abarth. In premio la partecipazione al Rally d’Aosta con la Lancia Stratos. E’ 2° assoluto, alle spalle del driver ufficiale Lancia, Sandro Munari. L’anno dopo, sempre con la Stratos, conquista l’argento ad Antibes ed al rally Hunsruck, mentre la prima vittoria arriva ad Aosta con la Fiat 131 Abarth. Nel’79 è pilota ufficiale Abarth e conquista il primo gradino del podio in Costa Smeralda, al 4 Regioni, al Rally della Lana ed in Valle d’Aosta. Nel 1980 è in squadra con due mostri, Rohrl ed Alen. Ed è ancora dominatore in Valle d’Aosta ed è 6° assoluto al Montecarlo con la piccola Fiat Ritmo 75. Strepitosa la sua performance sul Col del Turinì, la speciale più impegnativa e selettiva del mondiale rally, dove
stacca il miglior tempo ed entra nella leggenda. Riconfermato pilota ufficiale l’anno dopo, è primo al Ciocco e bronzo nel rally Mondiale dell’Acropoli con la 131 ufficiale. Nel 2015, 30° anniversario della sua scomparsa, il figlio Alessandro, peraltro ottimo rallysta, volle ricordare il papà. Arrivarono amici, piloti, navigatori, meccanici e giornalisti da tutta Italia ed Europa.
Fu una festa non una commemorazione, come disse la moglie Isabella.
Lui era il «Rally Made in Italy». In un periodo, dove in ogni gara potevano alternarsi al comando almeno una decina di piloti, Attilio era sempre tra i primi. Capace di regalare straordinario spettacolo. Già, l’abbiamo perso troppo presto. Il 2 maggio 1985 in Corsica nella prova mondiale del Tour De Corse al volante della Lancia ufficiale 037. Affronta il quarto tratto cronometrato, Zerubia. La macchina esce di strada e la vita del driver trentino si ferma alle 10 e 45.

 


LA SITUAZIONE NEI TABELLONI

 

Tabellone parte sinistra

Tabellone parte destra

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