Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi Nuova sfida: Vanzetta vs Biasi Votate il vostro atleta del cuore

di Luca Perenzoni

Nuova sfida tra campioni del nostro sondaggio “Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi”: oggi è tra il fondista campione olimpico Giorgio Vanzetta e il il campione del mondo di parapendio Christian Biasi.

Per votare, scegliete un’opzione e poi cliccate “Invia” 

 

 

GIORGIO VANZETTA. «Mai ho gareggiato con un pubblico simile. C’era un frastuono assordante, era impossibile anche sentire le urla dei tecnici a bordo pista. Ed il silenzio che calò sullo stadio olimpico di Lillehammer fu talmente profondo da risultare irreale. Per un minuto nessuno fiatò, quasi incredulo di fronte al trionfo di Silvio Fauner davanti a Bjorn Daehlie».

Giorgio Vanzetta è uno dei quattro eroi della vittoria dell’Italia nella 4x10km di Lillehammer 1994, uno dei momenti cardine della storia del fondo azzurro. «Vincere contro la Norvegia è cosa quasi unica e farlo a casa loro in una giornata così è indescrivibile. Ma noi ci credevamo e alla vigilia mi sono permesso anche di fare una scommessa con un dirigente federale. Eravamo tutti piuttosto infuriati nel vedere il popolo norvegese già sicuro della vittoria, tanto che re Harald V aveva già fatto preparare delle medaglie celebrative per il trionfo del quartetto di casa. Loro erano sicuri, noi altrettanto di poter dire la nostra, anzi. Sapevamo che se Fauner fosse arrivato in volata con Daehlie avrebbe avuto un buon 70% di chance di vincere. Toccava a noi metterlo in quella condizione».

Giorgio Vanzetta venne schierato in terza frazione.
«Albarello in seconda e Fauner a chiudere erano consolidate, Maurilio De Zolt ed io ci dovevamo spartire le due frazioni dispari e “Grillo” si incaricò del lancio, essendo più adatto per un’eventuale partenza sprint. Diede il cambio ad Albarello con solo una quindicina di secondi di margine, poi nella mia frazione mi francobollai a Thoms Aalsgard che era un giovane emergente: lo temevo abbastanza, ma resistetti in avvio e poi non cedetti un metro, lasciando poi a Sissio il compito di chiudere. Lo confesso, al momento della volata ho guardato da un’altra parte, pur sapendo che Fauner era favorito. Il pubblico era stranito, ma il quartetto norvegese è stato come sempre molto sportivo nel complimentarsi subito».
L’oro di Lillehammer ha permesso di completare il bottino di quattro medaglie a cinque cerchi inaugurato due anni prima ad Albertville, quando Giorgio fu argento nella staffetta (con Puliè, Albarello e Fauner) e doppio bronzo individuale nell’inseguimento e nella 50km, in una carriera condotta a lungo a braccetto con la sorella Bice, a sua volta salita sui podi olimpici francese e norvegese con il duplice bronzo in staffetta.
Ma Giorgio Vanzetta ha saputo mettere il proprio zampino anche nell’oro olimpico della staffetta di Torino. Se a Lillehammer aveva passato il testimone a Fauner, a Pragelato si era premurato di mettere nelle migliori condizioni Cristian Zorzi per vincere. «Chiusa la carriera, mi sono dedicato fino a Torino al ruolo di tecnico e nell’occasione ero lo skiman personale di Cristian: ho così potuto rivivere in altre vesti l’emozione di un trionfo olimpico, in Norvegia prima, in Italia poi».

Una grandissima carriera, in cui trova posto anche un rammarico importante. «Direi due. I quarti posti sulle nevi di casa nei Mondiali di Val di Fiemme nel 1991: medaglia di legno sia nella 15km che in staffetta».


 

CHRISTIAN BIASI. Guai a parlare di lanci. Quello con il parapendio è un volo che nelle parole del campione roveretano Christian Biasi molto spesso si trasforma in magia. O, se preferite, in pura passione.

«Mio padre - racconta il 4 volte campione italiano -faceva paracadutismo, e quando si è sviluppato il parapendio mi ha fatto provare. Ho iniziato a 14 anni, naturalmente con il consenso dei genitori».
Oltre a suo padre, da ragazzino aveva una figura da prendere a modello?
«Quando ho iniziato a volare non c’erano grandi riferimenti. Jimmy Pacher, per esempio, è un grande amico e uno di quelli che ha fatto da pioniere per la nostra disciplina».

Oltre al parapendio, pratica altri sport? «Tutto quello che si può fare sulle nostre montagne: trekking, corsa, mountain bike e bici, sci, sci alpinismo, e anche l’arrampicata. Anzi, seguo mio figlio che è un grande appassionato di arrampicata».

Vola anche lui?
«Sì, ha 10 anni e viene con me sul biposto. Ha iniziato a fare i campeggi scuola, ma senza esagerare perché di questo nostro sport ci si deve innamorare un po’ alla volta».

Da genitore non è in pensiero quando lo vede in aria a diversi metri d’altezza?
«Un po’ di apprensione c’è, ma sapendo com’è lassù penso di essere meno in tensione di altri. Comunque, prima di ogni decollo sono io che valuto se è il caso o no di volare. Per il momento sta facendo piccoli voli sui campi scuola, un passettino alla volta. Le cose fatte di fretta non portano mai a buoni risultati, e questo non vale solo per il parapendio, bensì in tanti sport: i giovani rischiano di stufarsi».

Qual è stata la soddisfazione più grande della sua carriera agonistica?«Ogni volo è una scoperta e una magia... si sfrutta una cosa invisibile come l’aria per spostarsi da un luogo ad un altro! Poi quando si va sul podio o si vince è naturale esultare, ma si può essere soddisfatti anche soltanto per avere fatto un bel volo».

La delusione più difficile da digerire?
«Il fatto di aver perso qualche amico per casualità. Il parapendio dovrebbe essere un aspetto piacevole della vita, una passione da coltivare in compagnia e quando capitano certe disgrazie lo senti dentro».

Dentro di lei c’è più passione o agonismo?
«Io sono molto competitivo, ma ci metto anche tanta passione e lo si vede dal fatto che il mio lavoro è in questo settore. Per questo mi reputo un uomo fortunato».

Nella sua carriera ha vinto parecchio: c’è un obiettivo che ancora sogna?
«Sogni nel cassetto ne avevo tanti, e alcuni li ho realizzati: il record europeo di distanza fatto oltre 10 anni fa volando da casa mia fino in Austria. Fu una grande soddisfazione, così come i titoli italiani».
Quanto tempo ruba alla famiglia il parapendio?
«Sono fortunato perché riesco in parte a condividerlo con loro, ma spesso il sabato e la domenica sono impegnato in allenamenti o in competizioni».

 

 Tabellone parte sinistra

Tabellone parte destra

comments powered by Disqus